Lo studio ESPRIT ha arruolato un totale di 4111 pazienti con CD4 ≥ 300: 2071 nel braccio IL-2 e 2040 controlli, seguiti per un follow-up medio di 7 anni. Sono stati somministrati 3 cicli di IL-2 (7,5MIU x 2/die x 5gg) ad intervalli di 8 settimane, ripetibili. Nonostante il riscontro, durante tutto il periodo di follow-up, di un valore di CD4 significativamente superiore nel gruppo IL-2 rispetto ai controlli (ΔCD4 153 cell/mm3), tale beneficio immunologico non si è tradotto in una riduzione del rischio di patologia opportunistica o morte (HR 0,93; IC95% 0,76-1,18; p=0,64). In compenso l’utilizzo di IL-2 è risultato associato ad un aumentato rischio di eventi avversi di grado 4, tra cui trombosi venosa profonda (HR 1,24; IC95% 1,09-1,42; p=0,002) (abstract 90aLB).
 
Gli stessi risultati sono stati ottenuti dallo studio SILCAAT che ha arruolato 1695 pazienti con CD4 compresi tra 50 e 299: 849 nel braccio IL-2 e 846 controlli, seguiti per un follow-up medio di 7,6 anni. Sono stati somministrati 6 cicli di IL-2 (4,5MIU x 2/die x 5gg) ad intervalli di 8 settimane, ripetibili. Nonostante il riscontro di un valore di CD4 significativamente superiore nel gruppo IL-2 rispetto ai controlli (ΔCD4 59 cell/mm3), non si è osservata una riduzione del rischio di patologia opportunistica o morte (HR 0,95; IC95% 0,73 -1,23; p=0,7) (abstract 90bLB).
 
Perchè non si sia osservato un beneficio clinico, a fronte di un guadagno immunologico in termini di CD4, rimane una domanda aperta, entrambi i relatori hanno posto come possibile spiegazione un deficit funzionale delle cellule espanse dalla terapia immuno-adiuvante.