Gli stessi studi epidemiologici citati ci daranno presto informazione sulle nuove generazioni di PI, atazanavir in particolare che, già assolto da complicanze metaboliche significative aspetta una conferma sulla mancanza di tossicità intrinseca di infarto de miocardio, oltre che offrire una concreta opportunità di potente PI anche in assenza di booster di ritonavir. Altri scenari, però, comprendono regimi di boosterizzazione con nuove molecole che evitino la tossicità addittiva metabolica di rtonavir, piuttosto che nuovi paradigmi di terapia antiretrovirale comprendenti inibitori dell’integrasi, della fusione o della maturazione virale.
 
Tutto questo è vero ma ritengo che soprattutto il punto di partenza resti sempre il paziente sieropositivo nella sua valutazione clinica che necessita con regolarità della stima del rischio cardiovascolare globale. Non bisogna dimenticare che gli eventi cardiovascolari sono il risultato dell’associazione di molteplici fattori di rischio e che ogni intervento di prevenzione necessita dell’intervento su più di un fattore di rischio. Il punto di partenza rimane, e rimarrà comunque, l’intervento sulla promozione degli stili di vita, quali la sospensione dell’abitudine tabagica, la regolare attività fisica aerobica e la dieta e, non ultimo, un intervento più allargato con farmaci che hanno già dimostrato nella popolazione generale un vantaggio significativo sulla prevenzione primaria dell’infarto miocardico quali le statine e l’acido salicilico.