La terapia antiretrovirale a base di PI/r: un successo che dura da dieci anni
 
Efficacia immuno-virologica
Il più evidente effetto della soppressione virale è il recupero dei linfociti T CD4, che sappiamo essere inibiti dall’infezione da HIV attraverso molteplici meccanismi. Lo studio multicentrico EuroSIDA (1) ha fatto emergere un elemento fondamentale, cioè che è possibile, con tutti i limiti di uno studio osservazionale, mostrare differenze significative tra diversi backbone nucleosidici/nucleotidici ed anche tra le 2 classi farmacologiche che rappresentano il terzo farmaco che compone la HAART. In particolare, l’incremento annuale dei linfociti CD4/μL in presenza di assoluta soppressione virale <50 cp/mL è stato più evidente con la combinazione stavudina (d4T)/lamivudina (3TC) che con ZDV/3TC e collateralmente l’aumento più spiccato si è visto con gli inibitori della proteasi (PI) potenziati da ritonavir (50.8, 95% CI 38-63.6), in particolare con LPV/r (61, 95% CI 39.5-82.5). Ciò si distanzia anche da quanto raggiunto con la somministrazione di NNRTI (39.6, 95% CI 29.8-49.4).
Questo scenario ha avuto la conferma da trial randomizzati, anzitutto dallo studio M97-720 nei soggetti naïve, di cui è disponibile il follow-up a 7 anni (2). Questo studio ha dimostrato l’efficacia immuno-virologica del trattamento con LPV/r (che all’inizio dello studio era ancora in Soft Gel Capsules: 3 caps BID) in associazione con d4T e 3TC, anch’essi BID. In questo studio, accanto alla conferma dell’efficacia immuno-virologica a 360 settimane (nell’analisi intention-to-treat, il 59% dei soggetti mostrava HIV-RNA <50 cp/mL e il 61% <400 cp/mL) è emerso il dato fondamentale dell’assenza di resistenza a LPV/r. Nel corso del trattamento, anche in presenza di rebound virologico (19/28 soggetti con risultati disponibili) non è stato osservato lo sviluppo di resistenza ai PI: questi pazienti non hanno generalmente avuto bisogno di modificare il proprio schema terapeutico per ottenere nuovamente il successo virologico. Questo schema terapeutico ha dato ottimi risultati a lungo termine anche dal punto di vista immunologico, evidenziando come sia possibile ottenere un’immunoricostituzione anche nei soggetti che iniziavano la terapia antiretrovirale con CD4 <50/μL (3). Accanto ad una duratura ripresa del sistema immune - dopo 6 anni di terapia, il 95% dei pazienti trattati con LPV/r aveva una conta CD4 >350/μL, in confronto al 43% all’arruolamento – si associava anche una normalizzazione dei marcatori di attivazione espressi sui linfociti CD4 e CD8. Dopo 6 anni di trattamento, la mediana di attivazione dei linfociti CD4 era 3.3% (versus 23.1% in controlli storici) e quella dei linfociti CD8 era 5.8% (versus 39.3%).
Più recentemente, nello studio HEAT alla settimana 96, sia abacavir (ABC)/3TC che tenofovir (TDF)/3TC hanno mostrato efficacia antiretrovirale, sicurezza e tollerabilità paragonabili in combinazione con LPV/r nei pazienti naïve (4).