Etravirina: farmacodinamica e farmacocinetica
Gli inibitori non nucleosidici di “prima generazione” - nevirapina (NVP) ed efavirenz (EFV) - sono generalmente molto sensibili agli effetti dovuti alla mutazione di un singolo aminoacidico nel loro sito di legame; al contrario, i più recenti NNRTI di seconda generazione - etravirina e rilpivirina - sono caratterizzati da un migliore profilo farmacologico, che permette loro di mantenere l’attività contro i più comuni ceppi resistenti: nei pazienti naive la trasmissione della resistenza a NNRTI si verifica in circa il 10% dei casi, e attualmente non è possibile, nella comune pratica clinica, il rilevamento delle varianti minoritarie che presentano resistenza agli NNRTI.
I vantaggi presentati dagli NNRTI di seconda generazione comprendono il miglioramento di alcuni parametri, come tollerabilità e sicurezza.
Etravirina
Etravirina (TMC125) appartiene alla categoria della diarilpirimidine (DAPY); è una molecola “flessibile”, e può legarsi alla tasca idrofobica della trascrittasi inversa in diverse conformazioni, adattandosi ai cambiamenti della forma della tasca prodotti dalle mutazioni, cambiamenti che rendono insensibile l'enzima agli altri NNRTI. Elemento caratteristico di tutta la classe degli NNRTI è l’alta potenza nell’abbattere la carica virale: dati in vitro indicano che etravirina è attiva nei confronti di HIV-1 wild-type con EC50 = 1.4 nM. I dati degli studi clinici di fase II e III sono stati utilizzati per identificare il range di suscettibilità clinica, indicata con il fold change (FC) basale in EC50:
FC < 3, comporta una risposta virologica in oltre il 70% dei pazienti trattati con etravirina;
FC compresa tra 3 e 13, determina una progressiva diminuzione di suscettibilità;
per FC > 13, non è stato possibile definire il valore di cut-off superiore, poichè un piccolo campione di pazienti aveva valori superiori a 13.
Questo il profilo di etravirina come emerso dagli studi di farmacocinetica:
è legata per il 99% alle proteine plasmatiche;
raggiunge la concentrazione plasmatica massima (AUC) generalmente entro le 4 ore successive alla somministrazione orale, se questa avviene in concomitanza di un pasto, ma l’AUC è ridotta del 50% se la molecola viene assunta a digiuno;
ha un’emivita di eliminazione di 30-40 ore;
raggiunge lo steady state dopo 5 giorni;
è sottoposta a metabolismo ossidativo da parte del sistema del citocromo epatico CYP450 (CYP3A) e, con minore entità, dalla famiglia del CYP2C, con successiva glucuronidazione.
La dose raccomandata è di 400 mg, pari a due compresse da 100 mg, assunte per via orale due volte al
giorno (bid), dopo un pasto. La lunga emivita, tuttavia, è compatibile anche con la monosomministrazione, (QD), con un incremento del tasso di adesione, venendo incontro alle abitudini di vita quotidiane del paziente e riducendo il rischio di insorgenza di resistenze per mancata assunzione. In questo contesto, il gruppo di Scholler-Gyure ha documentato l’equivalenza farmacocinetica tra la formulazione in monosomministrazione giornaliera e bid: le AUC sono sovrapponibili, mentre la Cmax è aumentata del 44% e il Cmin è diminuito del 25% per la monosomministrazione versus bid.
 
Tratto da: Antivir Ther 2007;12(5):789-96
 
Per migliorare ulteriormente l'aderenza si è sviluppata una formulazione da 200 mg di etravirina. In un recentissimo studio su volontari sani presentato allo IAS (ROMA 2011) sono stati riportati i dati emersi dalla valutazione di tali compresse: farmacocinetica e profilo di tollerabilità della nuova formulazione risultano sovrapponibili alle due dosi da 100 mg.
I dati di farmacocinetica indicano, inoltre, che la somministrazione contemporanea di farmaci induttori il citocromo 450 riduce la concentrazione di etravirina: una diminuzione del 40% del Cmax di etravirina è stata osservata con la concomitante somministrazione di efavirenz. Tuttavia, lo sviluppo di resistenze a efavirenz rende plausibile la necessità di uno switch intraclasse a etravirina. È questo il razionale del lavoro pubblicato su JAIDS (2009) dal gruppo di Marta Boffito: il trial, durato 56 giorni, paragona due dosaggi di etravirina – 400 mg QD e 200 mg BID – prima e dopo somministrazione di 600 mg QD di efavirenz, intervallati da 14 giorni di wash out.
 
 
I risultati indicano che lo switch a etravirina è fattibile e ben tollerato, con concentrazioni superiori al valore di EC50 (4 ng/mL) in tutti i pazienti; le modeste diminuzioni di concentrazione di etravirina dopo efavirenz non sono state ritenute clinicamente rilevanti.
 
 
Sulla base degli studi di equivalenza farmacocinetica, sono attualmente in corso diversi trial con etravirina in monosomministrazione.