Alzare la barriera genetica alle resistenze
Etravirina - a differenza degli NNRTI di prima generazione - mostra una alta barriera genetica alle resistenze: uno studio di fase II, condotto su 16 pazienti con confermata elevata resistenza agli NNRTI, EFV e NVP, e trattati con 900 mg BID di etravirina per una settimana, in sostituzione del precedente NNRTI, ha mostrato già alla fine dei 7 giorni di terapia la riduzione media della carica virale di 0,86 log10. Analogamente, lo studio TMC125 C223 - effettuato su 199 soggetti in fallimento virologico con resistenza a NNRTI e ≥ 3 mutazioni per i PI e trattati con 400 mg BIB e 800 mg BID di etravirina versus un gruppo controllo - ha riportato dopo 24 settimane di trattamento riduzioni di HIV-RNA di 0.19 log10 nei controlli, di 1.04 nel gruppo 400 mg BID (p < 0.05) e di 1.18 nel gruppo 800 mg BID (p < 0.05), rispettivamente. Tuttavia, va notato che la presenza, all’interno del trial di antiretrovirali (ARV) sensibili (0,1 o > 1) nella terapia di supporto (OBR - optimized background regimen) ha influenzato profondamente la risposta.
 
A riguardo, il successo terapeutico di etravirina, sulla base di dati clinici aggregati, è stato correlato non solo con il numero di antiretrovirali (ARV) attivi nella OBR, ma anche con il pregresso utilizzo di NNRTI di prima generazione: è stata evidenziata l’insorgenza di un numero minore di mutazioni che compromettono l’uso di etravirina con efavirenz rispetto al fallimento con NVP. Si è dimostrata, inoltre, una sensibilità paradossale alla mutazione K103N. Nello specifico, quest’ultima mutazione - tra le più frequenti per efavirenz - non solo non è associata a resistenza a etravirina, ma ne potrebbe determinare una ipersuscettibilità.
 
Gli studi DUET
I dati sulla resistenza di etravirina derivano principalmente dagli studi di fase III, DUET 1 e 2. In questo contesto, sono stati identificati - partendo da una lista di 44 mutazioni associate alla classe degli NNRTI - 13 mutazioni più specifiche di etravirina, dette "etravirine resistence-associated mutations" o "etravirine RAMs", in grado di determinare una diminuzione pari o superiore al 75 % della riposta virologica in soggetti non portatori di mutazioni NNRTI - associate al baseline: V90I, A98G, L100I, K101E/P, V106I, V179D/F, Y181C/I/V e G190A/S.
Nei trial, la presenza di ≥ 3 mutazioni per etravirina ha comportato una risposta virologica al farmaco attivo simile a quella del placebo; tuttavia, il 70% dei pazienti ha presentato 0-1 mutazioni al basale, mentre solo il 14% aveva ≥ 3 mutazioni per TMC125. Alla lista iniziale sono state successivamente aggiunte altre 4 mutazioni: K101H, E138A, V179T e M23L.
Interpretare la resistenza
L’interpretazione della resistenza a etravirina, derivata dagli studi DUET 1 e 2, è stata eseguita da Tibotec e Monogram in base ai valori di etravirina FC al baseline. Nel primo caso, stabilito il cut off clinico inferiore (LCCO = FC 3), la predittività di risposta virologica a etravirina viene espressa attraverso tre livelli di score ponderato: 0-2 (risposta elevata); 2.5-3.4 (risposta intermedia); ≥ 4 (risposta ridotta). Analogamente, il gruppo Monogram (LCCO = FC 2.9), impiega un punteggio distinto da 1 a 4.
 
Nel sistema elaborato da Tibotec, i cut off di 0-2; 2.5- 3.5, e 4 correlano con un tasso di risposta dell’ordine, rispettivamente, di 74, 52% e 38%. I due sistemi a confronto mostrano una buona corrispondenza. Le mutazioni con lo score più alto sono state Y181I e Y181V, seguite da L1001, K101P, Y181C e M230L. Dati aggregati degli studi DUET indicano che almeno tre RAMs etravirine associated - Y181C/V, V179F e G190S - sono necessarie per compromettere l’efficacia di etravirina. Tuttavia, in generale, le mutazioni con lo score maggiore sono anche le meno prevalenti nella popolazione studiata. Un dato analogo è stato riportato dall’analisi del database ARCA (HIV Med. 2010): le RAMS riscontrate più frequentemente sono state Y181C, G190A, K101E e A98G; per contro V179F, Y181V e G190S sono state riscontrate in meno del 5% delle sequenze.
 
L’algoritmo è stato successivamente raffinato, attraverso l’inclusione di mutazioni associate a ridotta suscettibilità fenotipica. Con questo accorgimento si è stati in grado di aumentare del 6.4% la sensibilità nell’identificare virus resistenti. Esiste poi un terzo algoritmo genotipico, derivato dallo Stanford Database che, sulla base di un punteggio da 0 a 60, assegna 5 diverse categorie.
 
 
Infine, va evidenziato che nessuno dei sistemi attualmente in uso per interpretare le resistenze ad etravirina prende in considerazione le mutazione associate a NRTI (M41L, D67N, T69D/N, K70R, L74I/V, M184V, L210W, T215F/Y, and K219N/Q/R) e, peraltro, potenzialmente in grado di conferire ipersuscettibilità alla molecola.
L’alta barriera genetica di etravirina offre una importante possibilità di impiego in seconda linea della classe di farmaci NNRTI: oggi il fallimento virologico di regimi comprendenti efavirenz o nevirapina non è più motivo di rinuncia alle potenzialità della classe, in quanto questa può essere recuperata con etravirina associata ad altre molecole attive.
Infatti, rispetto al passato, il punto cruciale non è se ci siano o meno mutazioni per una determinata classe, piuttosto quali siano le mutazioni: vale a dire, la cross resistenza tra NNRTI di prima e seconda generazione è soprattutto di tipo “qualitativo”, prima ancora di “quantitativo”. A riguardo, il gruppo di M. Zaccarelli, analizzando oltre 1700 pazienti HIV+ naive appartenenti alle coorte ICONA e dell’Istituto per Malattie Infettive L. Spallanzani, ha verificato la suscettibilità ad etravirina con l’ausilio di 4 algoritmi: Tibotec, Monogram, ANRS e REGA. In tutti i soggetti valutati - inclusi 51 pazienti con resistenze da mutazioni maggiori per EFV e NVP, secondo quanto riportato dall'International AIDS Society USA - la suscettibilità ad etravirina si è mantenuta, con una buona corrispondenza tra i diversi algoritmi.
 
 
Da una recente analisi sulla coorte EUROSIDA illustrata dal gruppo di Cozzi-Lepri al CROI 2011 sembrerebbe che ANRS (http://www.medpocket.com/) sia l'unico “expert based interpretation system” che correli significativamente con il rischio di fallimento virologico. Anche in questa analisi si conferma una significativa associazione indipendente tra la riduzione del rischio di fallimento e la mutazione 103N.