Fattori intrinseci di controllo e protezione
Stefano Rusconi, Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche ”Luigi Sacco”,
Divisione Clinicizzata di Malattie Infettive, Università degli Studi di Milano
 

E’ stata descritta l’attività di MX2, un inibitore di HIV-1 indotto da IFN. MX2 riduce l’entrata del DNA nel nucleo della cellula ospite (riduzione dei 2-LTR circles). Esistono diverse forme mutanti di MX2 con diversa sensibilità, di solito ridotta; questi mutanti hanno una fitness inferiore rispetto alla forma “wild-type” di MX2 (abs #46). BCA2/Rabring7 ha come target la proteina gag di HIV-1 in maniera indipendente dal fattore di restrizione tetherin. Il fattore BCA2 induce il processo di “ubiquitinazione” di gag e interagisce con gag. La più profonda deplezione di BCA2 corrisponde al livello più alto di liberazione di virioni (abs #47).

Come dato aggiuntivo sull’attività di SAMHD1, è stata portata l’evidenza che la degradazione di SAMHD1 fa diminuire specificamente l’efficacia degli analoghi timidinici. In "monocyte-derived macrophages" (MDM), ma anche nei linfociti CD4+, la presenza di vpx determina la degradazione di SAMHD1 ed aumenta il livello degli analoghi timidinici. ZDV/d4T sono condizionati e la loro attività antivirale viene ridotta (incremento dell’EC50) (abs #188).

La resistenza all’azione dell’IFN di tipo 1 è stata dimostrata da parte dei virus che trasmettono primitivamente l’infezione da HIV-1, che in tal modo aumentano la propria efficienza (abs #78). E’ emersa l’evidenza che l’infezione iniziale è sostenuta da un esiguo numero di virus, evidenziabili nel plasma, che sono resistenti all’azione dell’IFN di tipo 1, rispetto ai virus presenti più tardivamente. La perdita della resistenza ad IFN va in parallelo alla ri-emergenza della diversità virologica di HIV-1 (abs #157).

D. Douek ha mostrato gli effetti della perturbazione del sistema IFN nell’infezione da SIV. La somministrazione di un antagonista dell’IFN type-1 durante l’infezione acuta da SIV ha causato una rapida progressione dell’infezione e la morte di tutti gli animali trattati, rispetto agli animali che ricevevano placebo. Al termine degli esperimenti in macachi “rhesus”, si può riassumere che l’IFN di tipo 1 ha benèfici effetti antivirali (aspecifici), ma in parallelo ha effetti nocivi sugli animali trattati: (i) mette a disposizione le cellule target, (ii) stimola la replicazione virale e (iii) esercita un effetto immune sistemico, che significa anche un aumento dell’immuno-attivazione (abs #154).

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