La gestione terapeutica del paziente con HCV
e danno renale
 

Inoltre HCV è in grado di indurre la formazione di IgG monoclonali con attività di Fattore Reumatoide anti-IgG, che costituiscono le crioglobuline miste di tipo II, a loro volta responsabili di glomerulonefrite mesangiocapillare.
Uno studio condotto sui Veterans USA ha indicato che nel paziente con HCV esiste il rischio di sviluppare una ridotta funzione renale. In una recente metanalisi che ha coinvolto oltre 300.000 soggetti con infezione cronica da HCV e più di 2.6 milioni di controlli HCV negativi è stato dimostrato che il rischio incrementale di malattia cronica renale è del 23% nei soggetti HCV positivi rispetto agli HCV negativi (RR 1.23, 95% CI 1.12- 1.34) (8). Infine, nei pazienti con insufficienza renale di qualunque causa, la dialisi è una fonte potenziale di infezione da HCV, che può avere un impatto negativo sulla sopravvivenza e sull’esito del trapianto di rene. E’ implicito, dunque che l’eradicazione dell’infezione sia, per questi pazienti, un bisogno reale; tuttavia la gestione della terapia antivirale resta difficile, non solo con Peg-IFN e RBV, ma anche con i nuovi farmaci ad azione antivirale diretta attualmente disponibili.
Ad esempio, SOF è utilizzabile in pazienti con clearance > 30 ml/min, e sebbene nella coorte osservazionale TARGET alcuni pazienti siano stati trattati, la sicurezza dello schema che contiene SOF potrebbe essere subottimale. La combinazione paritaprevir/r, ombitasvir e dasabuvir è utilizzabile nei pazienti con clearance tra 15 e 30 ml/min, facendo attenzione alla possibile anemizzazione da ribavirina nel genotipo 1a. Nessun regime terapeutico è stato approvato per i pazienti in dialisi.

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