Le indicazioni dalle ampie casistiche nazionali
 
La tabella 1 riporta i dati efficacia di alcune schedule di trattamento.
Tabella 1 - Coorte NAVIGATORE: tassi di SVR in base al regime di trattamento
Lo stesso tema, efficacia e sicurezza nel paziente cirrotico, è stato affrontato da un ulteriore studio, ancora in un'ampia casistica raccolta in un database regionale, questa volta siciliano (RESIST-HCV). Madonia e coll. hanno analizzato dati relativi a 4715 pazienti cirrotici genotipo 1b che hanno iniziato il trattamento tra  marzo 2015 a ottobre 2016 con diversi regimi di DAA per 12 settimane. Esclusi dall’analisi i pazienti in classe Child B. In base all’analisi ITT (intention to treat) 572 pazienti (76.2%) sono stati trattati con e 179 (23.8%) senza ribavirina. La differenza di abbandono del trattamento tra i due gruppi (8.9% nel primo e 5% nel secondo) non ha raggiunto la significatività statistica (p=0.5). La SVR12 è stata invece significativamente diversa: 84.3% (151/179) vs. 92.4% (529/572). Secondo l’analisi PP (per protocollo), dei 706 pazienti che hanno concluso lo studio, 543 pazienti (76.9%) sono stati trattati con regimi che includevano la ribavirina e 163 (23.1%) senza ribavirina. Anche in questo caso, il numero di pazienti con SVR12 sono stati significativamente superiori nel gruppo con ribavirina (97.4% vs. 92.6%, P=0.004).
Tabella 2 - RESIST-HCV: tasso di SVR12 in base alla terapia anti-HCV
 
Tabella 3 - RESIST-HCV: tasso di interruzioni in base alla terapia anti-HCV
Benché gli Autori precisino che le analisi non permettono un confronto testa a testa tra i diversi regimi, si apprezza come alcuni schemi si giovino della presenza di RBV, mentre altri (ad esempio  LDV/SOF o 3D) ottengano elevati tassi di SVR12 anche senza la ribavirina (Tabella 2). Dalla Tabella 3 emerge invece come, pur in presenza di bassi tassi di abbandono, in genere più elevati in presenza di RBV, il solo regime SOF/DCV non abbia documentato alcun abbandono, neppure in presenza di RBV.
Utilizzando dati provenienti dallo stesso database, Calvaruso e coll. hanno  analizzato i dati di sicurezza ed efficacia nella popolazione di cirrotici con età > 70 anni. Un gruppo quest’ultimo con frequenti comorbidità, polifarmacoterapia e non più candidabile al trapianto. Dei 4881 pazienti trattati, 2045 (il 48%) superavano 70 anni, e di questi il 13.4% gli 80 anni. In questa coorte prevalevano le donne, il genotipo 1b, la cirrosi, la coinfezione da HIV e da HBV, le co-morbidità e i pazienti naive da trattamento.
Duemilasessantasei pazienti hanno concluso il trattamento ed il follow-up a 12 settimane: la percentuale di risposta registrata al termine del trattamento (analisi ITT) è stata del 90.2% nei pazienti anziani verso il 93.5% nella coorte di età <70 anni (p= 0.02) (Tabella 4). La percentuale di SVR12 è stata molto simile tra i due gruppi, mentre un numero più elevato di pazienti ha abbandonato il trattamento nella popolazione degli anziani (8.4% vs 5.3%, p=0.005).
Tabella 4 - RESIST-HCV: tassi di SVR12 in base all'età (<70 vs >70 anni, analisi ITT)

Questo studio dimostra come l’utilizzo di nuovi regimi interferon-free permetta di ottenere ottimi risultati anche nei pazienti anziani nonostante la presenza di co-morbidità e di malattia epatica cirrogena più avanzata che ovviamente influenzano negativamente l’aderenza terapeutica.

Ancora trattando della popolazione dei cirrotici, un tema recentemente venuto alla ribalta è quello del rischio di HCC in seguito al trattamento con i nuovi DAA. Romano e coll. hanno studiato questa problematica utilizzando la stessa piattaforma informatica NAVIGATORE di cui si è parlato precedentemente. Lo scopo, valutare l’incidenza de novo di HCC in 3075 pazienti (27.7%  F3 e 72.3% F4) trattati con DAA (follow-up di 300.8 ±100 giorni), di cui circa il 60% naive.  Il tasso di risposta è stato del 97.2% nel gruppo F3, del 92.7% negli F4 Child A e dell'80% nei Child B. Durante il periodo di studio (gennaio 2015-giugno 2016) 41 pazienti hanno sviluppato HCC con una incidenza di 1.64 x100 persone-anni (95% CI : 1.18-2.21) (Tabella 5).

Tabella 5 - Incidenza di HCC nei pazienti cirrotici (analisi univariata)

L’analisi multivariata ha mostrato che solo il valore di ALT e le piastrine basali erano statisticamente associati al rischio di HCC, rendendo quindi il loro rapporto, l’APRI, lo score maggiormente predittivo di HCC. L’HCC si è presentato più frequentemente in pazienti con malattia più avanzata o che non hanno risposto alla terapia.  Secondo gli autori quindi il paziente cirrotico trattato con i DDA non ha un più elevato rischio di sviluppare HCC. Va però notato che il 54% dei casi con de novo HCC mostrava un pattern chiaramente più aggressivo. Non è chiaro se questo sia legato alla rapida soppressione della replicazione virale indotta dai DAA. Il tema comunque richiede studi prospettici ad hoc e, comunque, i risultati suggeriscono l’opportunità di una continua ed attenta sorveglianza per l’HCC dei pazienti con cirrosi avanzata trattati con DAA.

Il grande successo ottenuto dai nuovi DAA è stato parzialmente mitigato dalla difficoltà ad ottenere nel genotipo 3 gli stessi elevatissimi tassi di risposta registrati negli altri genotipi.
Il tema dell’emergente “genotipo difficile” è stato affrontato da Pasulo e coll. in un’ampia casistica “real life” lombarda.  Sono stati studiati 806 pazienti con genotipo 3 (86% cirrotici), trattati per 24 settimane (85%) e 12 settimane (15%) e il restante per 48 settimane o fino al trapianto con SOF+RBV (30%), SOF/DCV ± RBV (66%) e IFN/SOF+RBV (4%). Al momento dell’analisi dei dati, 639 pazienti avevano completato il trattamento e, di questi, 433 sono stati valutati per la SVR a 12 settimane. La SVR12 globale è stata del 88.4%: il tasso più basso di risposta è stato riscontrato nel gruppo SOF+RBV (81%) ed il più elevato nel gruppo SOF/DCV+ RBV (97%) (Figura 1).

Figura 1 - Lombardia Regional Network: tassi di SVR12 (analisi ITT)

Nei pazienti cirrotici è stato ottenuto un tasso di risposta del 94% con un significativo miglioramento del MELD nella metà dei pazienti: il MELD è passato da un valore mediano di 9 ad uno di 6 a fine trattamento. In generale, in questa coorte di pazienti con genotipo 3 il trattamento con DAA è stato estremamente efficace indipendentemente dalla presenza di cirrosi e dalla durata del trattamento. Evidentemente l’associazione SOF/DCV, come indicato dalle linee guida, e l’uso eventuale di RBV permette nella real life di ottenere ottimi risultati anche in questa popolazione di pazienti.

Un interessante studio real life italiano è stato quello presentato da Lionetti e coll. sul paziente trapiantato, attingendo ad una casistica del programma NPP (named patient program) inizialmente riservato a pazienti in lista con attesa di vita inferiore a 12 mesi. Lo scopo è stato quello di valutare in 94 pazienti (84% genotipo 1; 77% già trattati con IFN) sicurezza ed efficacia del trattamento per 24 settimane con SOF/DCV+RBV (88 pazienti) e DCV/SMV (6 pazienti). La SVR 12/24 è stata globalmente dell’88.2 % e, ancora una volta, più bassa per il genotipo 3 (Figura 2). 

Figura 2 - Tassi di SVR nei pazienti trapiantati

Durante il trattamento si è notato un miglioramento dei parametri epatici mentre la funzione renale è peggiorata per poi ritornare su valori accettabili durante il follow-up. In generale, l’efficacia del trattamento è stata ridotta tanto più la malattia epatica era avanzata.
In conclusione, considerando la popolazione in studio, i risultati hanno mostrato una soddisfacente efficacia e sicurezza dei DAA. Gli eventi avversi registrati sono soprattutto da addurre alla RBV. E’ verosimile che molti di questi aspetti possano essere migliorati anticipando il trattamento con DAA alle fasi più precoci della malattia mentre resta da valutare sempre il bilancio rischi/benefici dell’uso della ribavirina, oggi ancora presente nell’armamentario terapeutico real life per pazienti particolarmente difficili e con patologia epatica avanzata.

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