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Retention in care

Ilaria Mastrorosa, INMI L.Spallanzani, Roma

In un focus sulla situazione degli Stati Uniti (#60), è emersa l’importanza di determinanti sociali di salute quali povertà, etnia, basso livello di istruzione, risiedere negli stati del sud e, trattandosi dello scenario americano, non possedere un’assicurazione sanitaria. Stratificando le varie fasce di età, gli adolescenti si rivelano la popolazione più debole in questo scenario, specie tra i 13 e i 24 anni. Un modello longitudinale di CoC, mirato a eliminare le barriere sociali, con interventi anche da parte del mondo della politica, potrebbe garantire il raggiungimento di VS a lungo termine in una più ampia fetta di popolazione, vantaggio in termini di salute individuale e pubblica.

I primi momenti del CoC dell’HIV consistono nell’effettuazione del test (#61) e nell’inizio della ART (#62) e la loro semplificazione limiterebbe il ritardo tra diagnosi e inizio della terapia, facilitando l’accesso alle cure e la RIC del paziente. In tale senso, il self- o l’home-test hanno mostrato indubbi vantaggi. Molto interessante il modello utilizzato in Lesotho, Africa del Sud (#91, #94), dove, seppur con una prevalenza di HIV del 25%, si è già raggiunto un buon traguardo in termini di diagnosi (77%), inizio di ART (90%) e VS (80%), grazie al CASCADE trial consistente nella diffusione di home-test e, in caso di positività, contestuale inizio della ART.

Spazio è stato, inoltre, dedicato al progetto “San Francisco getting to zero (SFG20)” entro il 2020 (#87, #1015, #1028, #1100) e, in particolare, al “RAPID ART Program Initiative for HIV Diagnoses” (#93) ovvero prima visita e inizio della ART entro 5 giorni dalla diagnosi di HIV così da velocizzare il passaggio da diagnosi, a inizio della ART e a VS (rispettivamente ridotti da 35 a 6 e da 134 a 61 giorni, dal 2013 al 2016).

Il modello ideale di implementazione della rete di cure va indirizzato verso i cosiddetti out of care, ovvero coloro per i quali, pur dopo aver avuto accesso alle cure, non si viene a creare un adeguato e stabile modello di RIC (#63); tre barriere alla RIC vengono identificate: tossicodipendenza attiva, patologie psichiatriche, l’essere senza fissa dimora. Il programma “Maximum Assistance Low-Threshold HIV Care (MAX clinic)” (#1125) è pensato per queste tre categorie insieme a carcerati e pazienti con immunodeficienza severa, e va a integrare le cure tradizionali con servizi di supporto on-site e incentivi quali cibo, case, distribuzione diretta della terapia, supporto psicologico.

La missed visit (MV) (#62) può essere considerata un indicatore di RIC ed è stata mostrata la sua correlazione con ritardato inizio di ART, maggiore tempo di soppressione virologica (VS), riduzione dei CD4, ospedalizzazione e mortalità. La correlazione tra inadeguata RIC e mortalità è inoltre emersa in altri interessanti interventi (#1099; #1110).

Infine, le seguenti sono state indviduate come categorie di pazienti vulnerabili in termini di creazione di un solido sistema di RIC: i giovani e gli adolescenti (#1094), i pazienti con infezione acuta (#1120;#1137), le donne nell’immediato post partum (#820), i pazienti con malattia da HIV avanzata (#887), i tossicodipendenti (#1078), i pazienti undisclosed (#1077) e i detenuti rilasciati dalle carceri (#96).