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La mancanza di test specifici per la diagnosi di OBI o di...

N.1 2023
Clinica
L’impatto globale dell’infezione occulta da virus dell’epatite B: dove siamo e cosa fare

Teresa Pollicino
Laboratorio di Epatologia Molecolare, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi di Messina

La mancanza di test specifici per la diagnosi di OBI o di marcatori surrogati poco costosi ostacola la corretta definizione dell’impatto epidemiologico e clinico

 

L’infezione occulta da virus dell’epatite B (HBV) è caratterizzata dalla persistenza di genomi di HBV nel fegato (in presenza o in assenza di HBV DNA nel sangue) di soggetti negativi per l’antigene “s” dell’HBV (HBsAg) (1), ricercato attraverso i comuni test commerciali.

In accordo con le linee guida internazionali (2), l’infezione occulta da HBV (OBI) rappresenta una delle fasi della storia naturale dell’infezione cronica da HBV (Figura 1) (2). Tale fase è caratterizzata da una forte soppressione dell’attività replicativa e dell’espressione genica dell’HBV con conseguente produzione di bassissimi livelli di particelle virali (3).

Fig 1

Importanti evidenze indicano che l’abbattimento delle attività virali, in corso di OBI, è legato sia ad un efficiente controllo dell’infezione da parte della risposta immunitaria cellulo-mediata HBV-specifica che al controllo epigenetico di quella forma molecolare del ciclo replicativo virale che funge da stampo per tutti i trascritti virali ossia del cosiddetto DNA “circolare covalentemente chiuso” (cccDNA) dell’HBV contenuto nel nucleo della cellula in forma di minicromosoma (4-6).

La soppressione dell’attività replicativa in corso di OBI comporta che l’HBV DNA sierico, quando rilevabile, presenti livelli viremici estremamente bassi (<200 IU/mL) (1). Pertanto, per una corretta diagnosi di OBI, la determinazione dell’HBV DNA nel tessuto epatico viene ad essere considerata il gold standard (1).

Importanti evidenze epidemiologiche dimostrano che l’OBI è largamente diffusa nel mondo (1), e che tale infezione può avere un importante impatto clinico (1). L’OBI, difatti, può

  • essere trasmessa attraverso trasfusioni ematiche e il trapianto d’organo o di cellule staminali causando una classica forma di epatite B ad evoluzione anche grave
  • riattivare nei pazienti che vanno incontro ad immunosoppressione a causa di malattie onco-ematologiche, di chemioterapia, terapie immunologiche etc.
  • favorire la progressione della malattia epatica verso la cirrosi e lo sviluppo di epatocarcinoma (HCC) in pazienti affetti da malattia epatica da agenti eziologici diversi dall’HBV (1,6).

Nonostante siano stati condotti moltissimi studi sull’OBI, svariati aspetti di questa peculiare infezione rimangono dibattuti e poco definiti, inclusa la sua diffusione epidemiologica.

Sulla rivista The Lancet Gastroenterology & Hepatology, Im YR e colleghi (7) hanno pubblicato una revisione sistematica della letteratura con meta-analisi sulla prevalenza dell’OBI, valutata sia su scala globale che regionale, in specifici gruppi di popolazione adulta. Lo studio (7) si è anche proposto di:

  • valutare se le stime di prevalenza dell’OBI potessero essere state condizionate dalla sensibilità dei diversi approcci diagnostici utilizzati, e
  • definire la sensibilità e la specificità degli anticorpi anti-antigene core dell’HBV (anti-HBc), che generalmente vengono ad essere utilizzati come marcatore surrogato per la diagnosi dell’OBI.

Fig 2Im YR e colleghi (7) hanno valutato 3.962 articoli, e sulla base di stretti criteri di inclusione hanno effettuato una metanalisi su 305 lavori, da cui sono stati estrapolati 375 distinti studi di coorte, consentendo di valutare un totale di 140.521.993 individui HBsAg-negativi, tutti testati per HBV DNA (Figura 2). Gli Autori (7) concludono che non è stato possibile stimare appropriatamente la prevalenza su base globale e/o regionale dell’OBI a causa di diversi fattori, tra cui:

  • il basso numero di studi che hanno valutato la prevalenza dell’OBI nella popolazione generale, l’over-rappresentazione di dati di letteratura da specifiche aree geografiche (es. le Regioni geografiche del Pacifico occidentale, del Mediterraneo orientale ed i Paesi Europei) rispetto ad altre (es. le Regioni dell’Africa, del sud-est Asiatico e dell’America), e
  • l’alto grado di eterogeneità delle stime di prevalenza riportate nei diversi studi (I2: 55-98%).

Tuttavia, attraverso l’analisi dei sottogruppi, Im YR e colleghi (7) hanno potuto dimostrare che l’OBI è ad alta prevalenza nelle popolazioni che vivono in Paesi dove l’HBV è altamente endemico (HBsAg≥5.0%), e nei gruppi di popolazione ad alto rischio d’infezione, ossia in soggetti infettati dall’HIV o dall'HCV ed in pazienti emodializzati. È di particolare interesse il dato che dimostra che l’alta prevalenza in tali gruppi è indipendente dall’endemicità dell’HBV nei Paesi di residenza dei gruppi stessi. Inoltre, gli Autori (7) riportano che nel 90% (336/375) degli studi valutati, la diagnosi di OBI era stata eseguita analizzando il siero/plasma e che solo in circa il 10% (36/375) di essi era stato analizzato il tessuto epatico. Pertanto, la prevalenza aggregata dell’OBI era pari allo 0,09% (95%CI: 0,07-0,11) quando ad essere analizzato era stato il siero o il plasma e pari al 34,8% (95%CI: 27-43) quando era stato valutato il tessuto epatico. Tali dati, pertanto, indicano come la prevalenza dell’OBI sia stata sottostimata nella gran parte degli studi che hanno utilizzato il siero o il plasma per la ricerca dell’HBV occulto.

Gli Autori (7) sottolineano anche che le stime di prevalenza aggregata dell’OBI possono essere state inficiate dalla sensibilità dei vari test diagnostici utilizzati. Difatti, la combinazione di metodiche altamente sensibili per la rilevazione dell’HBV DNA con test per l’HBsAg a bassa sensibilità può aver incrementato in maniera rilevante le stime di prevalenza dell’OBI. Sono di particolare interesse i dati che dimostrano come la prevalenza dell’OBI fosse inferiore a 0,1% (95%CI: 0,0-0,0), pari a 3,2% (95%CI: 2,9-3,5) e pari a 4,4% (95%CI: 1,7-8,1) quando l’HBsAg era analizzato utilizzando, rispettivamente, test immunologici in chemiluminescenza (metodiche CLIA), test immunoenzimatici (test ELISA), o test radioimmunologici (test RIA). Questi dati indicano che molti soggetti HBV-positivi possono non essere identificati a causa dell’utilizzo di test per l'HBsAg poco sensibili. Inoltre, attraverso l’analisi dei sottogruppi di popolazione, gli Autori (7) hanno dimostrato che la prevalenza dell’OBI era inferiore allo 0,1% (95%CI: 0,0-0,0) negli studi che valutavano i soggetti HBsAg-negativi indipendentemente dallo status sierologico degli anticorpi anti-HBc, ed era pari al 9,9% (95%CI: 7,9-12,2) negli studi che specificamente analizzavano individui HBsAg-negativi ed anti-HBc positivi, confermando così la forte associazione tra l’OBI e la positività per gli anti-HBc. Tuttavia, l’analisi dei dati aggregati di sensibilità (77%; 95%CI: 62-88) e specificità (76%; 95%CI: 68-83) ha dimostrato che la performance degli anti-HBc nell’identificare l’OBI è subottimale (Figura 3).

Fig 3

Questi risultati hanno, quindi, portato gli Autori (7) a concludere che gli anticorpi anti-HBc sono un marcatore inaccurato nel discriminare i soggetti positivi da quelli negativi per OBI, mettendo in guardia dall’uso degli anti-HBc quale singolo biomarcatore per lo screening dei donatori di sangue, e ciò anche nei Paesi a basso reddito. Lo studio di Im YR e colleghi (7) evidenzia chiaramente che l’OBI rimane, quindi, una condizione sottostimata e sottovalutata, nonostante la sua ampia prevalenza in specifiche aree geografiche e in sottogruppi di individui. Secondo gli Autori (7) ciò sarebbe imputabile alla mancata disponibilità di test, sia molecolari che sierologici, specifici per la diagnosi di OBI, ed anche al fatto che i test in atto disponibili per la rilevazione dell’HBV DNA e dell’HBsAg continuano ad essere molto costosi e pertanto inaccessibili per i Paesi a basso reddito, che peraltro sono anche i Paesi a più alta endemia per l'HBV. Tale mancanza, oltre ad incidere significativamente sulla impossibilità di poter giungere ad una precisa definizione della diffusione epidemiologia dell’OBI, ha anche un rilevante impatto clinico. Difatti, soggetti con OBI che potenzialmente possono trasmettere l’infezione o andare incontro a riattivazione dell’HBV e sviluppare malattia epatica, possono rimanere non diagnosticati con i test di screening in atto disponibili.

Le linee guida dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) indicano l’utilizzo dei Rapid Diagnostic Tests (RDT) per la determinazione dell’HBsAg ai fini diagnostici (8). Tuttavia, nessuno di questi test rapidi presenta la sensibilità analitica richiesta dall’Unione Europea e definita nelle Common Technical Specifications (es. limite di rilevabilità ≤0.130 IU/mL per lo screening dei donatori di sangue) (9). Difatti i limiti di rilevazione degli RDT sono da 50- a 100-volte più alti rispetto ai test EIA a marchio CE (8). Nel 2016, la World Health Assembly ha adottato l’obiettivo della WHO Global Health Sector Strategy on Viral Hepatitis (WHO-GHSS) al fine di eliminare le infezioni da virus epatitici, considerate una minaccia per la salute pubblica mondiale (10). La WHO-GHSS prevede di giungere ad una riduzione del 90% di nuovi casi di infezioni e ad una riduzione del 65% di morti entro il 2030 rispetto alle stime del 2015 (10). Considerando le attuali evidenze cliniche ed epidemiologiche concernenti l’OBI, sarebbe auspicabile che i piani dell’OMS di eliminazione dell’infezione da HBV considerassero anche l’OBI quale problematica di salute pubblica mondiale. Sarebbe pertanto urgente incrementare l’accesso ai test diagnostici più sensibili per la rilevazione dell’HBV DNA e dell’HBsAg e promuovere lo sviluppo e l’utilizzo di marcatori surrogati poco costosi per l’identificazione dell’OBI. Difatti, l’OBI essendo una riserva non identificata d’infezione da HBV può rappresentare un serio ostacolo al raggiungimento, entro il 2030, degli obiettivi strategici della WHO-GHSS.

 


Take-home messages

  • La prevalenza dell’infezione occulta da HBV (OBI) nel mondo rimane indefinita. Infatti, sono pochissimi gli studi che hanno effettuato una survey sulla diffusione dell’OBI nella popolazione generale su scala regionale/globale.
  • L’OBI è ad alta prevalenza nelle popolazioni che vivono in Paesi dove l’HBV è endemico e nei gruppi di popolazione ad alto rischio d’infezione parenterale.
  • L’accesso ai test per la determinazione dell’HBV DNA rimane il maggiore ostacolo alla diagnosi di OBI nei Paesi più poveri che sono, peraltro, le aree in cui l’HBV presenta una più alta endemia.
  • La strategia dell'OMS per l’eliminazione delle epatiti virali non tiene conto dell’OBI, la cui alta prevalenza nelle popolazioni ad alto rischio d’infezione e la potenziale diffusione anche attraverso le trasfusioni ematiche potrebbero condizionare il successo dei piani di eliminazione dell’infezione da HBV entro i tempi preventivati.

 

  1. Raimondo G, Locarnini S, Pollicino T, et al. Update of the statements on biology and clinical impact of occult hepatitis B virus infection. J Hepatol 2019;71:397-408.
  2. European Association for the Study of the Liver. Electronic address eee, European Association for the Study of the L. EASL 2017 Clinical Practice Guidelines on the management of hepatitis B virus infection. J Hepatol 2017;67:370-98.
  3. Pollicino T, Raffa G, Costantino L, et al. Molecular and functional analysis of occult hepatitis B virus isolates from patients with hepatocellular carcinoma. Hepatology 2007;45: 277-85.
  4. Levrero M, Pollicino T, Petersen J, et al. Control of cccDNA function in hepatitis B virus infection. J Hepatol 2009;51:581-92.
  5. Boni C, Laccabue D, Lampertico P, et al. Restored function of HBV-specific T cells after long-term effective therapy with nucleos(t)ide analogues. Gastroenterology 2012;143:963-73e9.
  6. Pollicino T, Caminiti G. HBV-Integration Studies in the Clinic: Role in the Natural History of Infection. Viruses 2021;13:368.
  7. Im YR, Jagdish R, Leith D, et al. Prevalence of occult hepatitis B virus infection in adults: a systematic review and meta-analysis. Lancet Gastroenterol Hepatol 2022; 7:932-942.
  8. WHO guidelines on hepatitis B and C testing. . Geneva: World Health Organization; 2017: Licence: CC BY-NC-SA 3.0 IGO. CIP data are available at http://apps.who.int/iris.
  9. Scheiblauer H, El-Nageh M, Diaz S, et al. Performance evaluation of 70 hepatitis B virus (HBV) surface antigen (HBsAg) assays from around the world by a geographically diverse panel with an array of HBV genotypes and HBsAg subtypes. Vox Sang 2010; 98(3 Pt 2): 403-14.
  10. Global Hepatitis Report 2017. Geneva: World Health Organization.

 

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