Dall’inizio della pandemia da HIV, sono stati compiuti notevoli progressi sia nella comprensione dell’infezione sia nel miglioramento delle opzioni terapeutiche. Tra i traguardi più rilevanti vi è la dimostrazione che il mantenimento di una carica virale stabilmente non rilevabile consente di prevenire efficacemente la trasmissione del virus. Questo concetto è esemplificato nell’acronimo U=U (Undetectable = Untransmittable). Pertanto la triade del passato destinata alle gravide con infezione da HIV: Parto cesareo, Allattamento artificiale e Terapia antiretrovirale al neonato per 6 settimane (PNP) è stata ormai superata permettendo alle donne HIV positive in stabile trattamento antiretrovirale e controllo virologico persistente di procedere con il parto vaginale.
Nel 2022, UNAIDS, UNICEF e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) hanno lanciato l’iniziativa Global Alliance to End AIDS in Children by 2030, includendo l’obiettivo specifico di garantire il trattamento a tutte le donne in gravidanza per prevenire nuove infezioni pediatriche. Secondo UNAIDS, nel 2023 si stimava che 39.9 milioni (36.1-44.6 milioni) di persone vivessero con l’HIV, di cui 1.4 milioni (1.1-1.7 milioni) erano bambini di età compresa tra 0 e 14 anni e il 53.3% erano donne e ragazze (1). Inoltre, si stima che ogni anno circa 1.3 milioni di donne e ragazze con infezione da HIV vadano incontro a una gravidanza.
In assenza di interventi di diagnosi e trattamento, il rischio di trasmissione dell’infezione dalla madre al bambino durante la gravidanza, il travaglio, il parto o l’allattamento varia tra il 15% e il 45% (Figura 1). La terapia antiretrovirale (ART) materna, con soppressione virologica ottenuta prima del concepimento, mantenuta durante la gravidanza e per tutto il periodo dell’allattamento, associata alla profilassi postnatale (PNP) nel neonato, rappresenta la base delle attuali strategie di prevenzione della trasmissione verticale dell’HIV.
Profilassi pre-partum
È ampliamente dimostrato che l’acquisizione dell’infezione da HIV durante la gravidanza e l’allattamento contribuiscono ad un aumentato rischio di trasmissione dell’infezione al neonato. Un recente studio PrIMO ha documentato come il 44% delle infezioni neonatali in Malawi erano secondarie ad una acquisizione dell’infezione in gravidanza o durante l’allattamento. L’utilizzo di regimi di PrEP nelle donne con trattamento orale versus terapia iniettiva bimestrale, long acting, si è dimostrato sicuro e praticabile.
Profilassi post-partum
Nel corso degli anni, le indicazioni relative alla PNP si sono evolute significativamente, in risposta al progressivo accumularsi di nuove evidenze scientifiche. Tali raccomandazioni variano inoltre in funzione del contesto geografico e socio-sanitario: le indicazioni adottate nei paesi africani, ad esempio, possono differire in modo sostanziale da quelle previste nei contesti europei. Il celebre studio Pediatric AIDS Clinical Trials Group (PACTG) 076, condotto negli anni ’90, dimostrò che la somministrazione di zidovudina (ZDV) sia alla madre che al neonato può ridurre la trasmissione perinatale dell’HIV di quasi il 70% (2). Sulla base di questi risultati, la monoterapia neonatale con ZDV diventò lo standard per la profilassi postnatale, con una durata inizialmente prevista di 6 settimane dopo la nascita. Successivamente, con il crescente accesso alla terapia antiretrovirale e il miglioramento della sua efficacia, in particolare nei paesi ad alto reddito, le linee guida hanno progressivamente adottato approcci basati sulla stratificazione del rischio.
Nei neonati considerati a più alto rischio di trasmissione, ad esempio quelli nati da madri con carica virale elevata, non in trattamento o che si presentano tardivamente in gravidanza, è raccomandata la profilassi combinata, basata sull’impiego di più farmaci antiretrovirali (ad es. zidovudina, nevirapina e lamivudina), generalmente per una durata di 4 settimane (3).
Per quanto riguarda i neonati considerati a rischio molto basso di trasmissione, nella maggior parte dei contesti si raccomanda oggi una PNP con un singolo farmaco, solitamente zidovudina o nevirapina, per una durata di 2 settimane. I dati provenienti dalla Germania, descrivono che da oltre un decennio si raccomanda l’uso di zidovudina per soli 14 giorni nei neonati a bassissimo rischio, senza evidenze di incremento dei casi di trasmissione verticale (4). Tale approccio è stato inoltre associato a una minore incidenza di tossicità ematologica, verosimilmente correlata alla ridotta esposizione neonatale al farmaco.
In alcuni paesi è persino previsto che i neonati che soddisfano criteri stringenti di rischio molto basso non ricevano alcuna PNP. Le linee guida svizzere (5), ad esempio, prevedono l’eliminazione della profilassi neonatale nei casi in cui la madre presenti 2 determinazioni consecutive di HIV-RNA <50 copie/mL prima del parto. Recenti dati francesi hanno documentato l’assenza di trasmissione verticale dell’HIV anche in mancanza di PNP nei neonati, quando le madri avevano iniziato la terapia antiretrovirale prima del concepimento, l’avevano proseguita in modo continuativo durante tutta la gravidanza e presentavano una carica virale non rilevabile (<50 copie/mL) al momento del parto (6).
Novità sull’allattamento
L’allattamento al seno offre benefici significativi per la salute sia della madre che del neonato, in particolare nei contesti ad elevata mortalità infantile. Le evidenze a supporto della pratica clinica in materia di allattamento nei neonati esposti a HIV derivano principalmente da studi condotti in paesi a risorse limitate, contesti nei quali l’OMS raccomanda l’allattamento esclusivo al seno nei primi 6 mesi di vita per le donne con HIV che assumano regolarmente la terapia ART, soprattutto per ridurre i rischi di malnutrizione e di morbilità e mortalità associati alla scarsa qualità dell’acqua potabile (7).
Queste indicazioni si basano sui dati di un ampio studio, il trial PROMISE, che ha arruolato oltre 2400 coppie madre-neonato in Africa subsahariana e India. Il trial ha dimostrato che, in presenza di una terapia antiretrovirale efficace, il rischio di trasmissione dell’HIV tramite allattamento è eccezionalmente basso.
Nei paesi ad alto reddito, dove il rischio di malnutrizione è minimo, l’uso del latte artificiale è storicamente raccomandato come alternativa più sicura per le donne con HIV. Negli ultimi anni, tuttavia, tale orientamento è stato progressivamente rivisto, grazie alla disponibilità di nuovi dati che mostrano un rischio di trasmissione molto basso in presenza di soppressione virologica, e alla crescente consapevolezza che il divieto assoluto di allattare possa accentuare le disuguaglianze già esistenti per molte donne che vivono con l’HIV.
In Svizzera, le linee guida per la gestione delle donne in gravidanza con HIV sono state aggiornate nel dicembre 2018, rendendolo il primo paese tra quelli ad alto reddito, che invita a non scoraggiare sistematicamente l’allattamento al seno in presenza di criteri clinici favorevoli e monitoraggio adeguato (8). Le raccomandazioni svizzere prevedono la possibilità di sostenere l’allattamento nelle madri con infezione da HIV ben controllata e forte desiderio di allattare, previo confronto interdisciplinare tra infettivologo, pediatra e ginecologo.
I criteri richiesti includono:
- aderenza rigorosa alla terapia antiretrovirale combinata (cART) con viremia completamente soppressa
- completamento di un percorso di decisione condivisa
- monitoraggio ravvicinato nel periodo post-partum.
Nel 2024, le linee guida della European AIDS Clinical Society (EACS) hanno introdotto una nuova raccomandazione che apre alla possibilità di allattamento al seno, a condizione che siano soddisfatti determinati criteri: aderenza ottimale alla ART, soppressione virologica duratura, accesso a un follow-up multidisciplinare regolare e monitoraggio della carica virale (9) (Figura 2).

Una recente survey del PENTA network e il gruppo WAVE (Donne contro i virus in Europa) hanno analizzato le varie indicazioni nei paesi occidentali nei confronti dell’allattamento al seno sintetizzando come il follow-up multispecialistico della donna HIV che decide di allattare dovrà prevedere non solo il controllo laboratoristico della viremia HIV non rilevabile ma anche il monitoraggio delle manifestazioni cliniche che potrebbero rappresentare un aumentato rischio di trasmissione (presenza di lesioni del capezzolo, gastroenterite nella mamma o nel bambino, allattamento misto) (10).
Conclusioni
L’ottimizzazione della gestione della diade madre-bambino è un obiettivo sempre più vicino, con ricadute positive attese sia in termini di salute individuale che di salute pubblica. Pertanto si rendono ancor più necessari collaborazioni multispecialistiche e studi destinati a chiarire tempi e modalità dei singoli interventi nonché sperimentazioni di regimi terapeutici innovativi (long acting) anche nelle prime epoche della vita ipotizzabili per i regimi di PNP.
- UNAIDS DATA 2024. Geneva: Joint United Nations Programme on HIV/AIDS; 2024. Related: The 2024 global AIDS report The Urgency of Now: AIDS at a Crossroads, released 22 July 2024.
- Connor EM, Sperling RS, Gelber R, et al. Reduction of maternal-infant transmission of human immunodeficiency virus type 1 with zidovudine treatment. Pediatric AIDS Clinical Trials Group Protocol 076 Study Group. N Engl J Med. 1994;331(18):1173-1180.
- Lumaca A, Galli L, de Martino M, Chiappini E. Paediatric HIV-1 infection: updated strategies of prevention mother-to-child transmission. J Chemother. 2018;30(4):193-202.
- Nguyen TTT, Kobbe R, Schulze-Sturm U, et al. Reducing hematologic toxicity with short course postexposure prophylaxis with zidovudine for HIV-1 exposed infants with low transmission risk. Pediatr infect Dis J 2019;38:727-730.
- Health FOoP. Maladies transmissibles: Recommandations de la Commission fédérale pour la santé sexuelle (CFSS) en matière de prévention contre la transmission du VIH de la mère à l’enfant. Bulletin 04/16. Bulletin 4/16 ed. Vol 2017. Switzerland, 2016.
- Sibiude J, Le Chenadec J, Mandelbrot L, et al. Update of perinatal human immunodeficiency virus type 1 transmission in France: zero transmission for 5482 mothers on continuous antiretroviral therapy from conception and with undetectable viral load at delivery. Clin Infect Dis 2023;76:e590-e598.
- World Health Organization, United Nations Children’s Fund. Guideline: updates on HIV and infant feeding: the duration of breastfeeding, and support from health services to improve feeding practices among mothers living with HIV. Geneva: World Health Organization; 2016.
- Federal Commission for Sexual Health (FCSH). (2018). Recommendations of the Swiss Federal Commission for Sexual Health for medical care of HIV-infected women and their offspring. Swiss Bulletin on Communicable Diseases.
- European AIDS Clinical Society. (2023). EACS guidelines version 12.0. Brussels, Belgium: European AIDS Clinical Society.
- Fernandes G, Chappell E, Goetghebuer. HIV postnatal prophylaxis and infant feeding policies vary across Europe: results of a Penta survey. HIV Med. 2025;26(2):207-217.




