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Infezioni delle vie urinarie nel 2025: novità, controversie,...

Spesso percepite come disturbi di lieve entità, possono invece...

N.3 2025
Clinica infezioni batteriche e fungine
Infezioni delle vie urinarie nel 2025: novità, controversie, criticità

Alberto Enrico Maraolo
Malattie Infettive, Dipartimento di Medicina Clinica e Chirurgia, Università degli Studi di Napoli "Federico II", Napoli

Spesso percepite come disturbi di lieve entità, possono invece presentare quadri complessi, caratterizzati da inappropriatezza diagnostica e prescrittiva

 

fig1Le infezioni delle vie urinarie (IVU) rappresentano un problema clinico di vasta portata, affliggendo individui di ogni età e sesso, pur prediligendo quello femminile, con un impatto significativo sulla qualità della vita e sui sistemi sanitari. Sono le infezioni comunitarie più frequenti e, sebbene spesso percepite come disturbi di lieve entità, le IVU possono presentare un quadro complesso, caratterizzato da inappropriatezza diagnostica e prescrittiva, frequenti recidive e, aspetto sempre più preoccupante, dalla crescente resistenza agli antibiotici (1).

Numerosi sono i documenti di indirizzo sul tema di rilievo internazionale, prodotti da società scientifiche anche al di fuori dell’ambito infettivologico. Di recentissima pubblicazione sono le nuove linee guida promananti dall’Infectious Diseases Society of America (IDSA) (2), aggiornando quelle ferme al 2011 che affrontavano solo il tema delle cistiti non complicate e delle pielonefriti nelle donne. Numerose sono le novità introdotte, riassunte nella Figura 1 che è divisa secondo quattro domini: definizioni; approccio terapeutico empirico; switch da terapia endovenosa a farmaci somministrabili per via orale; durata complessiva della terapia antibiotica.

Prima delle delle linee guida IDSA, un’utile guida aggiornata sulla gestione a 360 gradi delle IVU complicate e non, con un focus importante anche sugli aspetti di prevenzione e sulla batteriuria asintomatica, è stata fornita dal documento di consensus prodotto in seno al progetto WikiGuidelines nel 2024 (3), un’iniziativa su base collaborativa, multidisciplinare e transnazionale, che ha già generato simili guidance per osteomieliti ed endocarditi.

A differenza delle linee guida tradizionali, le WikiGuidelines, improntante al principio dell’umiltà dell’incertezza (4), forniscono raccomandazioni chiare (clear recommendation) solo quando sono disponibili dati solidi e robusti al riguardo; viceversa, viene generata una cosiddetta revisione clinica dove i pro e i contro delle opzioni disponibili sono attentamente vagliate. La Tabella 1 mostra una sintesi delle 37 domande inerenti alla gestione delle IVU con relative risposte del documento.

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IVU: campo di battaglia per l’appropriatezza diagnostica

La diagnosi e il trattamento delle IVU dovrebbero essere guidati dai segni e sintomi presentati dal paziente, ma spesso erroneamente è un test positivo da solo a determinare le decisioni cliniche, come un esame chimico-fisico delle urine o un colturale delle stesse. Questo ha effetti significativi a valle sull’uso degli antibiotici, sulla resistenza antimicrobica, sull’incidenza di eventi avversi da farmaci, sulla durata dell’ospedalizzazione. Le pratiche di antimicrobial stewardship si sono concentrate sulla batteriuria asintomatica per ridurre la prescrizione inappropriata di antibiotici, ma dati recenti hanno evidenziato come si debbano applicare in primis i principi di diagnostic stewardship per ridurre l’inappropriatezza prescrittiva di antibiotici attraverso un deciso miglioramento dell’appropriatezza diagnostica (5).

Per diagnostic stewardship si intendono tutte quelle azioni relative all’ottimizzazione del processo di prescrizione, esecuzione e refertazione dei test diagnostici al fine di migliorare l’accuratezza della diagnosi clinica, l’appropriatezza del trattamento e gli outcome clinici dei pazienti (6).

La stewardship diagnostica ha ancora una bibliografia meno profonda di quella antimicrobica, ma già ci sono dei documenti che forniscono un’utile guida, e che identificano le IVU come ambito di primaria importanza, insieme con infezioni del torrente circolatorio e del tratto respiratorio, nonché la colite da Clostridioides difficile (7).

In estrema sintesi, per quanto concerne la prima fase, quella di richiesta dei test, la buona pratica di diagnostic stewardship raccomanda di:

  • evitare test per sindromi cliniche non specifiche, ovvero non richiedere urinocolture in presenza di rilievi generici come leucocitosi, febbre isolata, affaticamento, delirium o cadute
  • non basarsi su aspetto o odore delle urine, dunque non richiedere un’urinocoltura basandosi solo su tali caratteristiche
  • educare sulla batteriuria asintomatica, formando il personale sanitario sulla sua prevalenza e sulla mancanza di benefici nel trattarla, pertanto evitando screening di soggetti diabetici, con danno midollare, residenti in case di cura in assenza di un chiaro sospetto clinico
  • evitare urinocolture pre-operatorie di routine (un’eccezione sono gli interventi che prevedono manipolazione della mucosa vescicale con prevedibile sanguinamento, che assieme alla gravidanza sono le sole condizioni per cui è indicato il trattamento della batteriuria asintomatica)
  • non richiedere test microbiologici di controllo per verificare l’efficacia della terapia in pazienti asintomatici.

Per quanto riguarda la fase di raccolta e processamento del campione, le principali raccomandazioni di diagnostic stewardship sono:

  • non raccogliere campioni di urina dalla sacca del catetere
  • implementare il reflex testing, ovvero eseguire l’urinocoltura solo se sono soddisfatte determinate condizioni, per esempio se l’analisi delle urine mostra la presenza di leucocituria (globuli bianchi).

A proposito di quest’ultimo punto, è giusto sottolineare come la presenza di un elevata concentrazione di globuli bianchi nelle urine, desumibile già al test dipstick per la positività dell’esterasi leucocitaria, ha un buon valore predittivo negativo (VPN) ma modesto positivo, e lo stesso si può dire dei nitriti: in combinazione, una duplice negatività ha un VPN fino al 98%, rendendo improbabile la diagnosi di IVU; in presenza di sintomi coerenti, dunque di un’elevata probabilità pre-test, anche il loro subottimale valore predittivo positivo (VPP) può contribuire ad avvalorare la diagnosi e a giustificare l’esame colturale (8).

Circa la refertazione dei risultati, secondo i principi di diagnostic stewardship sarebbe utile:

  • aggiungere commenti per guidare l’interpretazione clinica (es., probabile contaminazione da flora commensale)
  • inserire note che spingano a utilizzare gli antibiotici solo in presenza di sintomi reali di IVU
  • utilizzare la refertazione selettiva (es., mostrando solo antibiotici di prima linea) e a cascata (es., mostrando la sensibilità ad agenti a spettro esteso soltanto se vi è resistenza a quelli a spettro ridotto).

Di recente l’European Society of Clinical Microbiology and Infectious Diseases (ESCMID) ha dato il suo endorsement all’aggiornamento da parte della European Federation of Clinical Chemistry and Laboratory Medicine (EFLM) in merito all’esame delle urine (9). La Figura 2 descrive il flusso di lavoro per il laboratorio secondo l’EFLM del testing batteriologico delle urine, tenendo conto del tipo di uropatogeno, del numero di specie riscontrate, della quantità di crescita e della presenza o meno di leucocituria all’esame chimico-fisico (9).

fig2

L’urinocoltura resta dunque il gold standard per la diagnosi microbiologica di IVU. La sfida attuale e soprattutto per il prossimo futuro è rappresentata dall’integrazione nella pratica routinaria del laboratorio delle nuove tecnologie basate su testi molecolari, come i pannelli multiplex e il sequenziamento genico (10). Il rischio, tuttavia, di sovradiagnosi è dietro l’angolo; d’altronde, le conoscenze recenti sull’urobioma hanno definitivamente sconfessato l’antica convinzione che l’urina di soggetti sani sia sterile: lo status di assenza di crescita non dovrebbe essere più considerato il valore universale di riferimento. Test molecolari diventano utili qualora si sospettino patogeni rari o fastidious, ovvero molto esigenti dal punto di vista nutrizionale e di crescita difficile in colture standard, oppure quando bassissime cariche batteriche si associano a infezione. Viceversa, il dato molecolare andrà sempre interpretato con cautela, incrociandolo con quello della microbiologia tradizionale (10).

 

Urinocoltura di follow-up: il Comma 22 delle IVU

Vi è generale consenso, perfino dalla prospettiva delle linee guida urologiche europee (11) sul fatto che non vadano praticati esami colturali di follow-up nei pazienti in via di guarigione, che siano affetti da IVU complicate e non, come elemento chiave di stewardship diagnostica. Un’urinocoltura di controllo è invece giustificata in caso di peggioramento dei sintomi dopo l’inizio della terapia antimicrobica, o persistenza degli stessi dopo 48-72 ore di terapia appropriata, o altrimenti in caso di recidiva entro poche settimane (11).

Tuttavia, sia le linee guida della Food and Drug Administration (FDA) statunitense che quelle dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) raccomandano che qualsiasi agente antimicrobico sottoposto a valutazione in studi clinici per IVU (anche non complicate) sia testato sulla base di un outcome composito dato dalla risposta clinica e da quella microbiologica (urinocoltura negativa o netta riduzione della carica batterica, con valori <103 CFU/mL), valutate dopo il completamento del ciclo di terapia (12). Ecco dunque configurarsi uno scenario da Comma 22, il famoso romanzo datato 1961 dello scrittore Joseph Heller, incentrato su una situazione paradossale e senza via d’uscita, in cui si è intrappolati da regole o condizioni contraddittorie.

Un ulteriore elemento da considerare è stato introdotto da una corposa sintesi delle evidenze pubblicata nel 2023, che ha re-analizzato dati su 4842 pazienti con IVU complicate che avevano partecipato a 13 trial clinici di fase 3, per valutare la discordanza tra esiti clinici e microbiologici (13). È emerso come il 18% dei pazienti avesse avuto un esito discordante: guarigione clinica, ma non cura microbiologica. Chi si ritrovava in tale condizione aveva un aumentato rischio di recidiva: odds ratio aggiustato di 5.51 (intervallo di confidenza al 95%: 3.81-7.88) (13). Lo studio rafforza l’importanza dell’eradicazione microbiologica come parte dell’outcome composito nei trial, lasciando aperta la questione se nei contesti di pratica clinica vadano eseguite o meno colture di controllo nei pazienti asintomatici.

 

Minimizzare il rischio recidive

Come riconciliare le esigenze di stewardship diagnostica con la necessità di minimizzare il rischio di recidive? Un recentissimo documento spagnolo di consenso ha identificato le seguenti categorie di pazienti con IVU complicate come quelle che più beneficerebbero di eradicazione microbiologica per prevenire recidive (12):

  • pazienti immunocompromessi (es., soggetti con HIV, pazienti onco-ematologici, pazienti in trattamento con farmaci biologici o corticosteroidi)
  • gravide
  • pazienti sottoposti a manipolazioni del tratto urologico
  • pazienti con precedente infezione e presenza di un corpo estraneo nel tratto urinario
  • pazienti con diabete mellito scarsamente controllato o con coinvolgimento degli organi bersaglio.

Tali pazienti andrebbero sottoposti ai trattamenti antibiotici con più robusta evidenza di eradicazione microbiologica per il patogeno in questione. In ogni caso, anche tale consensus non è a favore di urinocolture di controllo di default, finanche nelle già menzionate categorie: d’altronde, quand’anche la discordanza di outcome fosse dimostrata, allo stato attuale non si può proporre altro che un follow-up clinico più stretto per diagnosticare al più presto un’eventuale recidiva.

 

Conclusioni

La gestione globale delle IVU, complicate e non, presenta ancora numerosi aspetti controversi, per cui è necessario continuare ad accumulare robusti dati clinici. Le sfide più urgenti del presente e del prossimo futuro sono rappresentate dalla riduzione del maggior numero possibile di prescrizioni antibiotiche inappropriate per quadri erroneamente classificati come IVU, e dall’ottimizzazione terapeutica dei casi conclamati per definire meglio durata, setting di cura (nel caso di transizione orale) e follow-up.

 

  1. Medina M, Castillo-Pino E. An introduction to the epidemiology and burden of urinary tract infections. Ther Adv Urol. 2019;11:1756287219832172.
  2. Trautner BW, Cortés-Penfield NW, Gupta K, et al. Clinical Practice Guideline by Infectious Diseases Society of America (IDSA): 2 2025 Guideline on Management and Treatment of Complicated Urinary Tract Infections. Available at: https://www.idsociety.org/practice-guideline/complicated-urinary-tract-infections/. Last accessed: 18 July 2025.
  3. Nelson Z, Aslan AT, Beahm NP, et al. Guidelines for the Prevention, Diagnosis, and Management of Urinary Tract Infections in Pediatrics and Adults: A WikiGuidelines Group Consensus Statement. JAMA Netw Open. 2024;7:e2444495.
  4. Spellberg B, Wright WF, Shaneyfelt T, et al. The Future of Medical Guidelines: Standardizing Clinical Care With the Humility of Uncertainty. Ann Intern Med. 2021;174:1740-1742.
  5. Coffey KC, Claeys K, Morgan DJ. Diagnostic Stewardship for Urine Cultures. Infect Dis Clin North Am. 2024;38:255-266.
  6. Morgan DJ, Malani P, Diekema DJ. Diagnostic Stewardship-Leveraging the Laboratory to Improve Antimicrobial Use. JAMA. 2017;318:607-608.
  7. Fabre V, Davis A, Diekema DJ, et al. Principles of diagnostic stewardship: A practical guide from the Society for Healthcare Epidemiology of America Diagnostic Stewardship Task Force. Infect Control Hosp Epidemiol. 2023;44:178-185.
  8. Advani SD, Polage CR, Fakih MG. Deconstructing the urinalysis: A novel approach to diagnostic and antimicrobial stewardship. ntimicrob Steward Healthc Epidemiol. 2021;1:e6.
  9. Schubert S, Pestel-Caron M, Merens A, et al. The novel European Federation of Clinical Chemistry and Laboratory Medicine European urinalysis guideline: what clinical microbiologists should know. Clin Microbiol Infect. 2025;31:688-691.
  10. Bermudez T, Schmitz JE, Boswell M, et al. Novel technologies for the diagnosis of urinary tract infections. J Clin Microbiol. 2025;63:e0030624.
  11. Kranz J, Bartoletti R, Bruyère F, et al. European Association of Urology Guidelines on Urological Infections: Summary of the 2024 Guidelines. Eur Urol. 2024;86:27-41.
  12. Medina Polo J, Alfonso Sánchez JL, Arca-Suárez J, et al. The Importance of Antimicrobial Strategies Associated with Clinical Cure and Increased Microbiological Eradication in Patients with Complicated Urinary Tract Infections and High Risk of Relapse. Eur Urol Open Sci. 2024;71:165-171.
  13. Kadry N, Natarajan M, Bein E, et al. Discordant Clinical and Microbiological Outcomes Are Associated With Late Clinical Relapse in Clinical Trials for Complicated Urinary Tract Infections. Clin Infect Dis. 2023;76:1768-1775.

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