In una sentenza su un sospetto caso di spionaggio scientifico, Julie Robinson, una Senior Judge dell’U.S. District Court degli Stati Uniti ha scritto che la ricerca scientifica di base “It’s shared globally by the scientific community, from which we’ve all benefited and which doesn’t recognize borders. And that’s been a good thing over the course of human history” (Science, 20 Gennaio 2023). Con questa limpida definizione “legale”, viene messo in chiaro che la condivisione e la divulgazione dei dati sono un aspetto fondamentale della ricerca di base, condivisa senza che vi siano confini alle conoscenze.
In effetti, i dati delle ricerche di base, ed in particolare di quelle biologiche, valgono in quanto possono essere riprodotti e costituire un supporto per ricerche successive. Il prestigio di chi ha ottenuto nuovi dati è tanto maggiore quanto più comunemente questi vengono adoperati da altri ricercatori.
Terminata una ricerca, gli autori tendono quindi a sottoporre il documento che descrive i dati ottenuti alla più prestigiosa tra le riviste idonee a pubblicare quel tipo di informazione. La rivista fa valutare la ricerca da due o più scienziati esperti in quel campo (i referees) a cui viene chiesto di giudicarne l’importanza, la solidità dei dati nonché l’accuratezza delle metodologie. Il giudizio anonimo dei referees, conosciuto come “giudizio tra pari” (peer review), costituisce spesso una forma implicita di collaborazione, tesa a migliorare la qualità del messaggio chiedendo modifiche, informazioni ed esperienze aggiuntive.
Poiché questo processo di valutazione e di correzioni successive può prolungarsi per mesi, per permettere, comunque, la rapida condivisione dei nuovi dati, con sempre maggior frequenza i ricercatori che hanno sottoposto il documento ad una rivista lo depositano anche “in rete” come e-preprint in siti ad accesso aperto (repositories). L’urgenza di avere al più presto accesso alle informazioni più nuove dettata dalla pandemia ha reso sempre più comune questa prassi e la conseguente, spesso discutibile, condivisione di dati non avvalorati dal giudizio dei referees.
Quando la rivista, ottenuto il giudizio finale dei referees, decide se pubblicare il documento, la decisione non sarà motivata soltanto da una valutazione del merito scientifico, ma anche da valutazioni editoriali, in quanto il documento verrà considerato in competizione con gli altri manoscritti sottomessi per la pubblicazione su quella rivista. Tendenzialmente, più una rivista riesce ad essere selettiva nella scelta delle ricerche da pubblicare, più è rispettata dai componenti della comunità scientifica e più ambita è la possibilità di pubblicare i propri dati su quella rivista. La rivista acquisirà così una sempre maggiore opportunità di pubblicare le ricerche ritenute più importanti, aumentando progressivamente la propria autorevolezza. Comunemente, anche il prestigio di un ricercatore viene indirettamente desunto dall’impatto delle riviste che hanno accettato di pubblicarne le ricerche.
I concetti generici di prestigio scientifico del ricercatore e di importanza della rivista sono oggi calcolati tramite una serie di diversi indicatori che, in modo più o meno raffinato, evidenziano, in media, quante volte e per quanto tempo gli articoli scientifici pubblicati da una rivista sono utilizzati nelle ricerche successive. Particolari politiche editoriali possono creare il successo o causare il declino di una rivista come esplicitamente messo in evidenza dalla fluttuazione degli indici annuali dell’impatto di ogni rivista scientifica. Altri indicatori, invece, valutano più direttamente il prestigio del ricercatore mettendo in evidenza quante volte i dati di quella sua particolare ricerca sono stati utilizzati nelle ricerche di altri scienziati. Anche in questo caso, però, la rivista che accetta di pubblicare i risultati influisce non poco sulla successiva condivisione dei dati in quanto più la rivista è autorevole più viene letta e meglio i dati pubblicati vengono diffusi.
È comune che, nel decidere quale ricercatore abbia i meriti maggiori per accedere competitivamente ad una determinata posizione accademica o per ottenere un finanziamento o un premio, questi indicatori siano dirimenti. Questi indicatori assumono un valore assoluto anche quando chi deve giudicare non ha le competenze specifiche per valutare autonomamente la qualità delle ricerche in esame o, quando, in nazioni, come ogni tanto in Italia, l’intrusione di pressioni di vario genere rischia di distorcere la valutazione competitiva del merito. Tuttavia, nella valutazione del merito per premi o posizioni di rilevanza estrema, è oggi sempre più comune la tendenza a porre in secondo piano gli indici numerici privilegiando invece un giudizio diretto sul significato dei risultati più importanti ottenuti dal ricercatore.