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L’epatite da EBV e da CMV, rappresenta una nicchia eziologica...

N.2 2022
Clinica
La mononucleosi infettiva, una causa subdola di epatite

Mario Rizzetto
Professore Onorario di Gastroenterologia, Università degli Studi di Torino
 

L’epatite da EBV e da CMV, rappresenta una nicchia eziologica particolare, spesso sottostimata, ed il suo riconoscimento può rappresentare una sfida per l’epatologo

 

L’aumento improvviso delle aminotransferasi è un evento avverso importante che impone immediato chiarimento diagnostico, per cui il soggetto viene sottoposto a controlli biochimici e virologici standard per accertare eventuali cause maggiori di epatopatia. Rimangono tuttavia spesso inesplorate nicchie eziologiche particolari, che comprendono epatiti minori; fra queste l’epatite che accompagna la sindrome della mononucleosi infettiva.

 

La mononucleosi infettiva

La monucleosi infettiva (MI) si manifesta con febbre, malessere e cefalea cui si associa faringo-tonsillite di vario grado con disfagia e odinofagia (1). La sindrome comprende linfoadenopatia a livello cervicale e leucocitosi dovuta all’aumento delle cellule mononucleate periferiche e dei linfociti atipici rappresentati da cellule T attivate. Nella maggioranza dei casi MI è sostenuta dal virus di Epstein Barr (EBV) e dal Cytomegalovirus (CMV) (2, 3); sono virus a DNA in doppia catena che appartengono alla famiglia degli herpesvirus (4, 5).

La trasmissione di EBV è essenzialmente per via orale (baci, ...) (4). Il virus viene eliminato nell’orofaringe fino a 18 mesi dopo la risoluzione clinica dell’infezione. Infetta le cellule B del sistema immune attraverso la molecola di superficie CD21, che costituisce il recettore cellulare per la componente C3d del complemento. L’infezione primaria induce nelle cellule B una energica risposta immune contro l’EBV, responsabile dei sintomi della MI; la loro attivazione suscita la sintesi di elevati titoli di anticorpi eterofili, occasionalmente di crioglobuline, anticorpi antinucleo e fattore reumatoide. Complicazioni rare sono la trombocitopenia, l’anemia emolitica od aplastica, la miocardite, il rash cutaneo, la rottura della milza.

L’incidenza di MI da EBV in uno studio islandese del 2017 è stata di 8 casi per 100.000 abitanti per anno e quella di CMV di 4 casi per 100.000 abitanti per anno (6). La sieroprevalenza della CMV aumenta gradualmente con l’età e varia dal 40% al 100% nella popolazione adulta (7, 8). La trasmissione ha luogo per via orale, esposizione sessuale, contagio con sangue e tessuti infetti. Il virus può sopravvivere su superfici ambientali per 1-6 ore (9). Lo spettro clinico varia in dipendenza dallo stato immunologico dell’ospite (7, 8, 10); l’infezione inizia in cellule mucose epiteliali e diffonde attraverso i monociti CD14+ con tropismo per le cellule parenchimali, del tessuto connettivo ed ematopoietiche. Una volta contratto, CMV rimane latente all’interno dell’organismo per tutta la vita; può riattivarsi in caso di indebolimento del sistema immunitario (7) e può indurre nuova infezione con un diverso ceppo. L’infezione è definita dalla replicazione del virus indipendentemente dai sintomi, mentre la malattia è definita dalla presenza della sintomatologia, classificabile come una MI con febbre, malessere, faringite, tonsillite, leucopenia, piastrinopenia negli immunocompetenti, o come malattia invasiva negli immunocompromessi, quali i trapiantati ed i pazienti infetti dall’HIV in cui causa significativa morbidità e mortalità (7, 8).

 

L’epatite da EBV e CMV

Negli adolescenti e negli adulti la MI si manifesta con i sintomi tipici (4, 6, 10): astenia, cefalea, febbre di basso grado seguiti nell’80% dei casi da tonsillite e faringite, linfadenopatia cervicale e febbre che diviene consistente (10). Nell’immunocompetente l’infezione primaria da CMV si manifesta come MI nel 10% dei casi. Prevalgono la febbre, la faringite, il dolore addominale ed il vomito; la tonsillite essudativa e la linfadenopatia cervicale sono meno frequenti che nell’EBV. Nella sindrome della MI si iscrive spesso una reazione epatitica, fin nell’80% nei casi di EBV e nel 70% nei casi di CMV (4, 6, 10). Sulla base di studi di popolazione, si stima che nei paesi sviluppati infezioni da EBV e CMV siano presenti nell’1-4% dei pazienti adulti che presentano epatiti, e fino nel 29% delle epatiti virali sporadiche in India (11).

Frequentemente lo screzio epatico appare come l’unico risvolto clinico poiché manca sintomatologia suggestiva per MI (10). La prevalenza dell’epatite da EBV e CMV è sottostimata perché il paziente è spesso asintomatico: in una casistica inglese l’epatite da EBV è stata diagnosticata nello 0.9% di 1995 pazienti con ittero od ALT alterate raccolti in 13 anni (12), ed in uno studio di pazienti con ALT superiori a 500 U/L in Islanda, EBV e CMV erano responsabili dell’elevazione enzimatica nel 4% e nell’1% dei casi; tuttavia solo due pazienti avevano i sintomi della MI (13).

L’epatite da EBV e da CMV può dunque rappresentare una sfida per l’epatologo; come riconoscerla da altri tipi di epatite? Nell’epatite da EBV è importante il dato epidemiologico. La malattia è tipicamente appannaggio dei giovani e degli adolescenti, in particolare di soggetti di stato sociale basso e con scadenti standard igienici (14); nella serie islandese l’età media è stata di 17 anni (dai 15-ai 20) (6). All’esame obiettivo v’è modesta epatomegalia ma anche splenomegalia, presente nel 12%-25% dei casi. L’aumento delle transaminasi è in genere contenuto, le ALT raramente superano le 1.000 U/L; può apparire ittero nel 5-10% dei casi. Il profilo della malattia è solitamente quello del danno epatocellulare; tuttavia nel 10-30% dei casi concorre una componente colestatica (10). Il decorso è benigno, lo screzio epatitico risolve spontaneamente in poche settimane. Raramente segnalate l’epatite fulminante o ad evoluzione cronica ma è interessante notare che all’EBV è stata attribuita la capacità di innescare un’epatite cronica autoimmune 3-5 mesi dopo l’infezione primaria del fegato. Il virus è stato altresì implicato direttamente nella carcinogenesi umana ma il suo ruolo come causa facilitante dei carcinomi epatobiliari rimane incerto (4).

L’epatite da CMV dell’immunocompetente appare più tardivamente negli anni rispetto a quella da EBV: nello studio islandese l’età media è stata di 33 anni (26-46) (6). Meno rappresentato il sesso femminile.

La transaminite rimane spesso subclinica, l’ittero è presente nel 3-9% dei casi. La componente colestatica è di regola meno pronunciata che nell’EBV: particolarmente a rischio le donne in gravidanza con un’incidenza del 6-8% dell’epatite, forse dovuta all’immunodepressione associata alla gravidanza (15). Nell’ospite immunocompetente, in associazione con l’epatite sono state riportate pancreatiti, trombosi portali e sindrome di Budd-Chiari (16-18). Le differenze tra l’epatite da EBV e quella da CMV sono sintetizzate nella Tabella 1.

Se l’aumento delle ALT è lieve e moderato, il solo contesto anamnestico e obiettivo è ritenuto da alcune linee guida sufficiente alla diagnosi di EBV, rimandando la diagnosi specifica alle forme con ALT >15 x ULN (19). Considerata tuttavia la disponibilità generale della diagnostica per il virus, appare logico attivarla per escludere un’epatite C iniziale, un’epatite da farmaci od una forma ematologica: l’emocromo dimostra spesso leucocitosi importante e non raramente un quadro di reazione leucemoide, talora a 50.000 leucociti per mm3, con inversione della formula leucocitaria per la presenza di cellule linfomonocitoidi (plasmacellule attivate) che costituiscono il 10-20% dei leucociti.

Si è in passato fatta la diagnosi col rilievo di un eterogeneo gruppo di anticorpi eterofili di tipo prevalentemente IgM suscitati dall’infezione, che non cross-reagiscono con gli antigeni dell’EBV (4, 10). La diagnosi si basava sulla agglutinazione da parte del siero del paziente di eritrociti delle pecore (Reazione di Paul Bunnell) ma è stata poi sostituita dal più rapido monotest che agglutina eritrociti di cavallo; quest’ultimo tuttavia risulta nel 25% dei casi falsamente negativo e in un 10% falsamente positivo, in particolare nei casi di infezione da rosolia, HIV o Herpesviridae, e di malattie autoimmuni come lupus eritematoso sistemico e artrite reumatoide. Attualmente la diagnosi si basa sulla sierologia (4, 10), cioè sulla ricerca delle IgM contro l’antigene del capside virale (VCA); l’anticorpo è presente nel sangue all’esordio della malattia e scompare dopo qualche settimana seguito dalla conversione alle IgG anti-VCA che poi persistono per tutta la vita; pertanto le IgM anti-VCA sono il marcatore diagnostico della malattia e le IgG anti-VCA rappresentano la cicatrice sierologica di una pregressa infezione. Tuttavia anche gli anticorpi anti-EBV possono cross-reagire con altri herpes virus in particolare con il CMV e con il virus dell’epatite E, creando problemi nella diagnostica. Le metodiche molecolari in PCR che determinano il DNA dell’EBV nel plasma e nel siero sono le più sensibili e specifiche, ma non generalmente disponibili.

Il riscontro dell’anticorpo IgM contro il CMV è diagnostico di infezione virale primaria nel soggetto immunocompetente (5); sono possibili in corso di epatite da CMV acuta reazioni crociate con l’EBV e l’HEV. Il gold standard diagnostico è la determinazione quantitativa del DNA del CMV nel sangue e nell’urina; malgrado non sia stabilito un cut-off universale, la PCR ha quasi del tutto soppiantato le metodiche di isolamento e coltura del virus.

 

  1. Fiala M, Heiner DC, Turner JA, et al. Infectious mononucleosis and mononucleosis syndromes: clinical, virological and immunological features. West J Med 1977; 126:445-459.
  2. Cohen JI. Epstein-Barr virus infection. N Engl J Med 2000; 343:481-92.
  3. Fakhreddine AY, Frenette CT, Konijeti GG. A Practical review of Cytomegalovirus in gastroenterology and hepatology. Gastroenterol Res Pract. 2019; 2019: 6156581.
  4. Fingeroth J. Epstein Barr Virus. In Clinical Virology. 4th edition, 2017, Eds. DD Richman, RJ Witley, FG Hayden, pagg 523-548.
  5. Griffiths David P, Reeves Matthew. Cytomegalovirus. In Clinical Virology 4th edition. 2017, Eds. DD Richman, RJ Witley, FG Hayden, pagg 481-510.
  6. Leonardsson H, Hreinsson J, Löve A, Björnsson ES. Hepatitis due to Epstein-Barr virus and cytomegalovirus: clinical features and outcomes. Scand J Gastroenterol 2017; 52:893-897.
  7. Cohen JI, Corey GR. Cytomegalovirus infection in the normal host. Medicine (Baltimore). 1985; 64:100-114.
  8. Wreghitt TG, Teare EL, Sule O, et al. Cytomegalovirus infection in immunocompetent patients. Clin Infect Dis 2003; 37:1603-6.
  9. Stowell JD, Forlin-Passoni D, Din E, et al. Cytomegalovirus survival on common environmental surfaces: opportunities for viral transmission. J Infect Dis 2012; 205:211-4.
  10. Bunchorntavakul C, Reddy KR. Epstein-Barr Virus and Cytomegalovirus infections of the liver. Gastroenterol Clin N Am 2020; 49:331-346.
  11. Gupta E, Ballani N, Kumar M, et al. Role of non-hepatotropic viruses in acute sporadic viral hepatitis and acute-on-chronic liver failure in adults. Indian J Gastroenterol 2015; 34:448-52.
  12. Vine LJ, Shepherd K, Hunter JG, et al. Characteristics of Epstein-Barr virus hepatitis among patients with jaundice or acute hepatitis. Aliment Pharmacol Ther 2012; 36:16-21.
  13. Bjornsson HK, Olafsson S, Bergmann OM, et al. A prospective study on the causes of notably raised alanine aminotransferase (ALT). Scand J Gastroenterol 2016; 51:594-600.
  14. Drebber U, Kasper HU, Krupacz J, et al. The role of Epstein-Barr virus in acute and chronic hepatitis. J Hepatol 2006; 44:879-885.
  15. Eddleston M, Peacock S, Juniper M, et al. Severe cytomegalovirus infection in immunocompetent patients. Clin Infect Dis 1997; 24:52-6.
  16. Chan A, Bazerbachi F, Hanson B, et al. Cytomegalovirus hepatitis and pancreatitis in the immunocompetent. Ochsner J 2014; 14:295-9.
  17. Oku T, Maeda M, Waga E, et al. Cytomegalovirus cholangitis and pancreatitis in an immunocompetent patient. J Gastroenterol 2005; 40:987-92.
  18. Squizzato A, Ageno W, Cattaneo A, et al. A case report and literature review of portal vein thrombosis associated with cytomegalovirus infection in immunocompetent patients. Clin Infect Dis 2007; 44:e13-6.
  19. Kwo PY, Cohen SM, Lim JK. ACG clinical guideline evaluation of abnormal liver chemistries. Am J Gastroenterol 2017; 112:18-35.

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