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Le linee guida 2021 offrono due importanti novità: iniziare la...

N.3 2022
Clinica
Presente e futuro della terapia antiretrovirale nei Paesi a risorse limitate

Stefano Vella
Professore a contratto, Salute Globale, Università Cattolica (UCSC). Professore associato, Biotecnologie, Metodologia della sperimentazione clinica, Università di Tor Vergata, Roma

Le linee guida 2021 offrono due importanti novità: iniziare la terapia il più presto possibile dopo la diagnosi di infezione e monitorare l'effetto della terapia attraverso la carica virale. Il futuro della ART sarà probabilmente l'introduzione dei regimi antivirali long acting: cruciale è la possibilità che questi farmaci innovativi possano essere prodotti, distribuiti e somministrati anche nei Paesi a risorse limitate

 

Prima di parlare del presente e del futuro della terapia antiretrovirale nei Paesi a risorse limitate (LMIC), è importante parlare anche del passato e di come si è arrivati a permettere l'accesso a questi farmaci nel Sud del mondo.

A metà degli anni ‘90 vengono finalmente scoperti ed introdotti i farmaci antiretrovirali e la mortalità nei Paesi economicamente più avanzati comincia a declinare; in modo ancora più evidente l’uso di farmaci antiretrovirali in gravidanza contribuisce a far diminuire la trasmissione materno fetale, sempre nei Paesi ad alto reddito. Ma nei Paesi a basso e medio reddito, la mortalità e la trasmissione madre-bambino continua a incrementare e nel 2001 ben due terzi del totale delle nuove infezioni da HIV avvengono in Africa Sub-sahariana.

Qualcosa però comincia a muoversi. Nell’anno 2000 viene organizzata, a Durban in Sud Africa, la XIII Conferenza Internazionale sull’AIDS, la prima in un Paese in Via di Sviluppo, e contemporaneamente nel Paese con la più alta prevalenza HIV nel mondo. Nel 2001 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approva una storica Dichiarazione di Impegni nella quale i Capi di Stato e i rappresentanti degli oltre 170 Governi presenti all’Assemblea, s’impegnano a dare una risposta globale ad una crisi che è diventata globale, ed in particolare arrestare l’infezione da madre a bambino, e fornire trattamento e cura per tutte le persone infette. Tutto questo porta alla creazione di importanti meccanismi finanziari di lotta all’AIDS e ad altre pandemie, quali il Global Fund to fight AIDS, Tubercolosis and Malaria (GFATM) nel 2002 e l’US President Emergency Plan for AIDS Response (PEPFAR), che diventano una formidabile leva per mobilizzare importanti finanziamenti per la lotta all’AIDS. Grazie a questi programmi la quarta decade dell’epidemia si apre con i primi importanti risultati a livello globale con un progressivo incremento del numero di persone che hanno accesso ai trattamenti antiretrovirali, accompagnato da un sensibile calo del numero di nuove infezioni (anche grazie alla capacità della terapia antiretrovirale di abbattere la trasmissione: treatment as prevention) e da una riduzione delle morti dovute ad AIDS.

Nel 2013 è iniziato il percorso, guidato dal WHO, che ha portato all'elaborazione di linee guida fondamentali, dirette ai LMIC.

Tre sono gli anni fondamentali: nel 2013 si è stabilito che la terapia antiretrovirale per i LMIC dovesse essere uguale a quella prevalentemente impiegata nei Paesi più ricchi. A quel tempo, era la combinazione efavirenz, lamivudina, tenofovir, confezionati in una sola compressa. Nel 2016 è stato superato il concetto che l'inizo della terapia doveva coincidere con un numero di CD4 inferiore a 500 per mmc. Quindi, la terapia andava offerta a chiunque avesse una infezione da HIV confermata, indipendentemente da carica virale o compromissione del sistema immunitario.

Nel 2017, un ulteriore passo avanti: l'indicazione di passare progressivamente da regimi basati su efavirenz, a regimi con inibitori dell'integrasi, in particolare, con dolutegravir (DTG) che ha dimostrato una superiorità importante sia in termini di potenza antivirale che di minore propensione a indurre resistenze.

Passando ai nostri giorni, le linee guida 2021 offrono due importanti novità: la raccomandazione di iniziare la terapia il più presto possibile dopo la diagnosi di infezione (il cosiddetto test and treat) e la necessità di monitorizzare l'effetto della terapia attraverso la carica virale.

Di seguito le raccomandazioni per la prima linea di trattamento (DTG in combinazione con inibitori nucleosidici, fondamentalmente lamivudina e tenofovir), tenendo presente che questa combinazione è disponibile nei LMIC a un prezzo che sia aggira attorno ai 70-100 dollari l'anno (!). Tuttavia, in casi particolari o in contesti o popolazioni in cui DTG non è accessibile o non è adatto a causa della tossicità e i livelli nazionali di resistenza ai farmaci anti-HIV sono ≥10%, è consigliabile utilizzare i regimi antiretrovirali a base di inibitori della proteasi, o, in casi particolari, è possibile continuare a impiegare combinazioni a base di efavirenz (con un dosaggio ridotto a 400 mg). Però, nei contesti in cui la resistenza pre-trattamento ai farmaci NNRTI è ≥10%, l'ART a base di EFV deve essere evitata. Un regime a base di raltegravir (RAL) può essere raccomandato come regime di prima linea preferito per i neonati (Tabella 1).

Per quanto riguarda i regimi di seconda linea, in caso di fallimento clinico o virologico, si raccomandano comunque regimi a base di DTG in combinazione con un backbone ottimizzato. Tuttavia, vanno presi in considerazione anche gli inibitori della proteasi in combinazione con un backbone ottimizzato di inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa, raccomandati come regime di seconda linea per le persone affette da HIV per le quali i regimi basati su DTG non risultano più efficaci (Tabella 2).

Molto più complessa è la situazione per quanto riguarda la terapia di terza linea che dovrebbe includere nuovi farmaci con un rischio minimo di resistenza crociata con i regimi usati in precedenza, quali INSTI e NNRTI e PI di seconda generazione, tipo darunavir e lopinavir (Tabella 3).

In realtà, il futuro della terapia antiretrovirale nei Paesi a risorse limitate sarà probabilmente l'introduzione dei regimi antivirali long acting. Attualmente, anche nei Paesi occidentali, cabotegavir-rilpivirina sembra essere il candidato ideale.

Tenendo presente che molti altri farmaci antiretrovirali long acting sono in sviluppo, il problema cruciale è la possibilità che questi farmaci innovativi possano essere prodotti, distribuiti e somminstrati anche nei Paesi a risorse limitate, attraverso una collaborazione positiva tra industria e donatori, in virtù di accordi di licenza volontaria e di una rete sanitaria adeguata.

 

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