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Le diverse varianti virali, dalla Alpha alla Omicron, mantengono...

N.3 2022
Terapia
Stato dell’arte su antivirali e mAbs per SARS-CoV-2: terapia e prevenzione

Paola Cinque1, Stefano Rusconi2
1Unità di Malattie Infettive, Ospedale San Raffaele, Milano; 2U.O.C. Malattie Infettive, Ospedale Civile di Legnano, ASST Ovest Milanese e DIBIC "Luigi Sacco", Università degli Studi di Milano

Le diverse varianti virali, dalla Alpha alla Omicron, mantengono la suscettibilità in vitro agli antivirali remdesevir, molnupiravir e nirmatrelvir; mentre l'efficacia dei diversi anticorpi monoclonali anti-SARS-CoV-2 e nella PEP o nella PrEP varia drasticamente a seconda delle varianti circolanti in un certo periodo

 

L’infezione da SARS-CoV-2 presenta caratteristiche peculiari rispetto ad altre infezioni mediate da altri virus a RNA e anche, ma non solo, da questo punto di vista offre spunti terapeutici e preventivi interessanti: antivirali e anticorpi monoclonali (mAbs).

I farmaci antivirali anti-SARS-CoV-2

I farmaci antivirali che si impiegano nella pratica clinica contro SARS-CoV-2 sono remdesevir, molnupiravir e nirmatrelvir.

Remdesevir (RDV), già utilizzato in pazienti affetti da virus Ebola, è un analogo nucleosidico (in particolare dell’adenosina) che inibisce l’attività della RNA-polimerasi RNA-dipendente e blocca la sintesi dell’RNA virale. In vitro ha mostrato attività nei confronti di SARS-CoV-2 e MERS agendo sulla polimerasi virale. I primi report clinici a supporto dell’uso di RDV hanno riguardato i pazienti con malattia COVID-19 severa (trial GS-US-540-5773) che sono stati trattati in ospedale con un ciclo di 5 giorni vs 10 giorni. Il decorso clinico e la mortalità non sono stati diversi nei 2 bracci dello studio, ma sicuramente il maggior bisogno di supporto respiratorio a 5 giorni dall’ammissione ospedaliera ha condizionato una peggior evoluzione dell’infezione a 14 giorni (1). Un altro studio (trial ACTT-1) ha analizzato l’uso di RDV per 10 giorni in pazienti ospedalizzati con un’infezione del tratto respiratorio inferiore. L’analisi di Kaplan-Meier ha mostrato una mortalità del 6.7% con RDV vs 11.9% con placebo al giorno 15 e del 11.4% con RDV vs 15.2% con placebo al giorno 29 (hazard ratio 0.73; IC95% 0.52-1.03). Remdesivir si è mostrato significativamente superiore a placebo nel ridurre il tempo alla guarigione (2). Negli ultimi mesi è stato approvato dall'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e dalle altre agenzie regolatorie l’uso di RDV secondo la modalità fast, cioè la somministrazione ev di RDV per 3 giorni nei pazienti non ospedalizzati. L’aggiornamento della modalità di utilizzo di RDV è diretto al paziente non ospedalizzato a causa di COVID-19, che deve presentare almeno un fattore di rischio associato all'evoluzione in malattia grave (3). Il trattamento dovrà essere iniziato il prima possibile dopo la diagnosi di COVID-19 ed entro 7 giorni dalla comparsa dei sintomi. 

Il target farmacologico di molnupiravir è l’enzima che copia in maniera continua l’RNA di SARS-CoV-2: l’RNA polimerasi. Il farmaco si è meritato dall’FDA la raccomandazione “condizionale” per i pazienti con infezione non severa ma a rischio elevato di ospedalizzazione ed è indicato da AIFA come antivirale orale per il trattamento domiciliare dell’infezione da SARS-CoV-2. Lo studio di fase III MOVe-OUT ha esaminato diversi parametri nei pazienti non ospedalizzati: mortalità, ricovero e ventilazione meccanica. In questo gruppo di 1433 pazienti adulti non ospedalizzati, non vaccinati, ma ad alto rischio di ospedalizzazione, molnupiravir iniziato entro 5 giorni dall’esordio dei sintomi ha ridotto il rischio di ospedalizzazione o di morte nei 29 giorni dall’ingresso nello studio. Il rischio di ospedalizzazione o morte al giorno 29 è risultato del 6.8% inferiore con molnupiravir vs placebo nell’analisi ad interim e del 3.0% inferiore nell’analisi su tutti i pazienti randomizzati (4). Un’ulteriore analisi ha mostrato una riduzione significativa della proteina C reattiva da parte di molnupiravir vs placebo al giorno 29. L’analisi di farmacovigilanza è in corso, in quanto, sebbene non siano emerse evidenze nei trial, il composto ha indicato una mutagenicità in vitro, che non è stata successivamente confermata in modelli animali (roditori).

Nirmatrelvir ha come target un enzima chiave nel processo di replicazione di SARS-CoV-2, la proteasi 3CL. Il composto prevede il potenziamento farmacologico da parte di ritonavir, che è un substrato ed un inibitore del citocromo CYP 3A4. Pertanto, la compressa per uso clinico prevede l’associazione di nirmatrelvir + ritonavir. Nirmatrelvir si è meritato la forte raccomandazione di impiego nei pazienti non ospedalizzati a forte rischio di progressione da parte della Therapeutics and COVID-19: living guideline - World Health Organization (WHO), ad aprile 2022. Lo studio che ne ha sancito l’utilità è stato il trial EPIC-HR, che ha randomizzato 2246 pazienti a ricevere nirmatrelvir + ritonavir vs placebo entro 5 giorni dall’esordio dei sintomi. I soggetti arruolati erano tutti non vaccinati e non hanno ricevuto altri interventi terapeutici specifici per SARS-CoV-2. Il trattamento con nirmatrelvir + ritonavir ha mostrato una riduzione del rischio relativo di ospedalizzazione o morte del 88.9% e 87.8%, nei soggetti che rispettivamente iniziavano la terapia entro 3 e 5 giorni dall’esordio dei sintomi. Il braccio trattato con nirmatrelvir + ritonavir non ha mostrato mortalità, al contrario dei 13 decessi nel braccio placebo (5).

Sebbene i farmaci antivirali siano meno proni allo sviluppo di resistenze rispetto agli anticorpi monoclonali, c’è sempre il rischio che mutazioni puntiformi a livello della RNA-polimerasi o della proteasi ne compromettano l’efficacia. è necessario ricordare che l’evoluzione, con conseguente overgrowth, delle varianti di SARS-CoV-2 potrebbe ridurne la suscettibilità in vitro. Al momento non sembra essere il caso, come indicato dall’evidenza che la variante Omicron è suscettibile a molnupiravir, nirmatrelvir e alla loro combinazione. Inoltre, è emersa recentemente l’evidenza che le diverse varianti virali, dalla Alpha alla Omicron, mantengono la suscettibilità in vitro a RDV, molnupiravir e nirmatrelvir nello stesso range mM (EC50) all’interno del singolo composto (6) (Figura 1).

Gli anticorpi monoclonali anti-SARS-CoV-2

Gli anticorpi monoclonali (mAbs) anti-SARS-CoV-2 agiscono legandosi alla proteina spike di SARS-CoV-2, bloccandone l'adesione alle cellule umane. Sono prodotti da sangue di pazienti convalescenti o di topi umanizzati esposti ad antigeni di SARS-CoV-2 (7). Dal punto di vista pratico, rappresentano un’opzione terapeutica in pazienti con infezione sintomatica lieve o moderata e rischio di progressione verso una malattia grave, e possono proteggere dall’infezione o dallo sviluppo della malattia prima o dopo l'esposizione a SARS-CoV-2.

Tuttavia, i mAbs hanno diversi svantaggi: una disponibilità limitata, un alto costo (migliaia di euro a dose), richiedono la somministrazione parenterale e devono essere somministrati all'inizio della malattia, fattori che ne rendono l’utilizzo operativamente complicato in un contesto ambulatoriale. Ma il principale tallone d’Achille degli anticorpi monoclonali è la perdita di attività verso varianti emergenti di SARS-CoV-2: è sufficiente una modifica di pochissimi amminoacidi nella proteina spike perché il legame con l’anticorpo non sia più possibile. Quindi, l'efficacia dei diversi mAbs anti-SARS-CoV-2 varia drasticamente a seconda delle varianti circolanti in un determinato periodo (Tabella 1).

Infine, studi recenti e ancora su un numero limitato di pazienti trattati con mAbs hanno mostrato l’emergenza di mutazioni conferenti resistenza nel RBD (receptor-binding domain) della proteina spike, come osservato dopo la somministrazione di sotrovimab in pazienti con persistente positività di SARS-CoV-2 al tampone molecolare (8).

mAbs per la terapia di COVID-19
Le prime terapie di combinazione di anticorpi monoclonali, casirivimab-imdevimab e bamlanivimab-etesevimab, così come regdanvimab e sotrovimab, somministrati come singoli anticorpi, sono risultate efficaci in studi clinici randomizzati nel ridurre significativamente il rischio di ricovero o morte associati a COVID-19 rispetto a placebo in pazienti con malattia lieve-moderata a rischio di progressione.

Queste terapie hanno ottenuto autorizzazione all’uso in Europa e/o negli Stati Uniti (9,10). Un recentissimo studio randomizzato ha, inoltre, dimostrato che anche la combinazione tixagevimab-cilgavimab (inizialmente autorizzata solo nella profilassi pre-esposizione) ha dimostrato simili benefici (11).

Tuttavia, tutti gli studi clinici pubblicati hanno considerato infezioni causate da varianti virali non più circolanti al momento attuale. Di fatto, le varianti Omicron attualmente circolanti, che includono numerose mutazioni nella proteina spike, hanno notevolmente ridotto la suscettibilità a diversi mAbs (Tabella 1). Sotrovimab rimane attivo verso le sottovarianti Omicron BA.1 e BA.1.1, ma la sua attività verso le sottovarianti BA.2, BA.4 e BA.5 è sostanzialmente ridotta.

La combinazione tixagevimab-cilgavimab sembra essere ancora attiva verso BA.2 e seppur in misura ridotta, verso BA.1, BA.1.1 e le recenti BA.4 e BA.5 (12,13). Bebtelovimab sembra mantenere attività verso le sottovarianti Omicron attualmente circolanti, comprese BA.4 e BA.5, ma i dati clinici a supporto del suo utilizzo sono ancora limitati (13).

mAbs per la profilassi post-esposizione (PEP) e pre-esposizione (PrEP) di COVID-19
Sebbene le combinazioni casirivimab-imdevimab e bamlanivimab-etesevimab fossero state autorizzate per la PEP in pazienti ad alto rischio non vaccinati o che avrebbero potuto sviluppare una risposta vaccinale non ottimale, la loro mancanza di attività verso le varianti attualmente circolanti li rende al momento inutilizzabili.

In base ai risultati di uno studio clinico randomizzato, la combinazione di anticorpi monoclonali tixagevimab-cilgavimab è stata autorizzata negli Stati Uniti e in Europa per la PrEP in persone in cui la vaccinazione non è fattibile per gravi reazioni avverse, o che potrebbero non beneficiare dalla vaccinazione a causa di una immunocompromissione moderata o grave (14). Lo stesso studio ha dimostrato una protezione di almeno 6 mesi e possibilmente fino a 12 dopo una singola somministrazione intramuscolare. Così come per l’impiego di questa combinazione in terapia, anche il suo beneficio nella PrEP rimane dipendente dall’evoluzione delle varianti virali.

mAbs prescrivibili in Italia

A settembre 2022 i mAbs approvati dall’European Medicine Agency (EMA) (10) e prescrivibili in Italia secondo le indicazioni dell’AIFA includono: casirivimab-imdevimab (terapia e profilassi post-esposizione); regdanvimab (terapia); sotrovimab (terapia); tixagevimab-cilgavimab (terapia e profilassi pre-esposizione).

Ha, inoltre, ricevuto un’approvazione temporanea in Italia la combinazione bamlanivimab-etesevimab (terapia) non approvata da EMA.

 

  1. Goldman JD, Lye DCB, Hui DS et al. Remdesivir for 5 or 10 Days in Patients with Severe Covid-19. N Engl J Med. 2020; 383: 1827-1837.
  2. Beigel JH, Tomashek KM, Dodd LE et al. Remdesivir for the Treatment of Covid-19 - Final Report. N Engl J Med. 2020; 383: 1813-1826.
  3. https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1123276/Remdesivir_update02_12.01.2022.pdf
  4. Bernal AJ, Gomes da Silva MM, Musungaie DB et al. Molnupiravir for Oral Treatment of Covid-19 in Nonhospitalized Patients. N Engl J Med. 2022; 386: 509-520.
  5. Hammond J, Leister-Tebbe H, Gardner A et al. Oral Nirmatrelvir for High-Risk, Nonhospitalized Adults with Covid-19. N Engl J Med. 2022; 386: 1397-1408.
  6. Vangeel L, Chiu W, De Jonghe S et al. Remdesivir, Molnupiravir and Nirmatrelvir remain active against SARS-CoV-2 Omicron and other variants of concern. Antiviral Res. 2022; 198: 105252.
  7. Taylor PC, Adams AC, Hufford MM, de la Torre I, Winthrop K, Gottlieb RL. Neutralizing monoclonal antibodies for treatment of COVID-19. Nat Rev Immunol 2021;21:382-393.
  8. Rockett R, Basile K, Maddocks S. Resistance Mutations in SARS-CoV-2 Delta Variant after Sotrovimab Use. N Engl J Med 2022; 386:1477-1479.
  9. https://www.covid19treatmentguidelines.nih.gov/therapies/
  10. https://www.ema.europa.eu/en/human-regulatory/overview/public-health-threats/coronavirus-disease-covid-19/treatments-vaccines/covid-19-Treatments
  11. Montgomery H, et al. Efficacy and Safety of Intramuscular Administration of AZD7442 (Tixagevimab/Cilgavimab) for Early Outpatient Treatment of COVID-19: The TACKLE Phase 3 Randomised Controlled Trial. Lancet Respir Med 2022. doi.org/10.1016/S2213-2600(22)00180-1.
  12. Yamasoba D, Kosugi Y, Kimura I et al, for the Genotype to Phenotype Japan (G2P-Japan) Consortium. Neutralisation sensitivity of SARS-CoV-2
    omicron subvariants to therapeutic monoclonal antibodies. Lancet ID 2022; 22:942-943.
  13. Cao Y, Yisimayi A, Jian F et al. BA.2.12.1, BA.4 and BA.5 escape antibodies elicited by Omicron infection. Nature 2022. https://doi.org/10.1038/s41586-022-04980-y.
  14. Levin MJ et al. Intramuscular AZD7442 (Tixagevimab–Cilgavimab) for Prevention of Covid-19. N Engl J Med 2022; 386:2188-2200

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